Pescara, gli ex vertici di banca Caripe sotto indagine per usura

Nel mirino gli interessi su un prestito di 150mila euro, vittime due imprenditori del mobile. Sequestrate le pratiche in banca

PESCARA. Gli ex vertici della banca Caripe sono finiti sotto inchiesta per concorso in usura nei confronti di due noti imprenditori del mobile. Gli indagati finiti nel mirino del pm Gennaro Varone sono Antonio Di Matteo, amministratore delegato della Caripe fino al 6 ottobre 2011; Mario Russo, amministratore delegato dal 6 ottobre 2011 al 22 maggio 2013; e Franco Tarozzi, che nello stesso periodo ha ricoperto il ruolo di direttore pro tempore della Caripe Agenzia 2.

Nell'ambito delle indagini, che hanno preso il via dalla denuncia dei due imprenditori, soci della stessa azienda, sono state sequestrate alla Caripe le pratiche al vaglio della procura. L'Agenzia numero 2 di Pescara, con sede in via Misticoni, avrebbe concesso agli imprenditori, a partire dal primo trimestre del 1998, un'apertura di credito in favore della gestione dell'attività d'impresa. Per l'accusa, sulle passività di tale conto sarebbero stati «addebitati interessi superiori a quelli della soglia di usura», nel terzo trimestre 2009, nel primo e secondo trimestre 2010, nel secondo, terzo e quarto trimestre 2012, e nei quattro trimestri del 2013.

Varone contesta a Di Matteo e Tarozzi che, tra il 1 luglio 2009 e il 28 febbraio 2012, si sarebbero fatti dare «in corrispettivo di un prestito di 150 mila euro denominato “Idea Credito”, interessi usurari, sia perché la rata prevista era del tutto sproporzionata alla corrispettività e alla redditività d'impresa, e tale da assorbirla completamente, fatto denotante approfittamento dello stato di bisogno dei mutuatari; sia perché lo sviluppo del piano di ammortamento portava comunque a un tasso d'interesse effettivo globale pari al 18,05%, contro la misura del 7,78% del tasso soglia di usura».

Successivamente, Russo, subentrato a Di Matteo, e Tarozzi, «in corrispettivo di un prestito da 150 mila euro, erogato dalla Caripe e sul quale veniva pretesa la garanzia di Confidi Abruzzo, si facevano promettere e dare interessi usurari da corrispondere in 60 mesi a rata crescente». Il pm sostiene che gli interessi sono «del tutto sproporzionati alla corrispettività e alla situazione di bisogno delle persone offese, impossibilitate a fare fronte a un simile peso economico» e rileva che sono «pari al 15,50%», a fronte del tasso soglia "dell'8,90%". I fatti contestati a Russo e Tarozzi sarebbero avvenuti tra il 3 ottobre e il 30 novembre 2012.

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