Pescara, grano estero nella pasta delle mense: la Procura apre un fascicolo 

Indagine innescata dall’esposto del M5S sull’appalto da 17 milioni di euro. Sotto accusa l’uso di prodotti con ingredienti stranieri anziché italiani

PESCARA. La procura indaga sulla pasta cucinata nelle mense scolastiche di Pescara. Un’inchiesta alle battute iniziali e ancora senza indagati. Che è partita da un esposto presentato dal deputato del M5S Andrea Colletti e dal consigliere comunale grillino Massimiliano Di Pillo: gli esponenti del M5S hanno chiesto alla procura di verificare se la ditta che ha vinto il maxi appalto nel 2016 – quasi 17 milioni di euro in 5 anni con un ribasso d’asta del 15% – ha rispettato gli impegni presi con il Comune. A partire dalla pasta servita agli alunni degli asili e delle scuole elementari.
L’inchiesta in mano alla pm Anna Rita Mantini ruota intorno alla qualità della pasta: il capitolato del Comune impone che la pasta da usare nelle mense «deve essere prodotta con farine di grano duro coltivato e prodotto in Italia». Mentre, secondo la denuncia del M5S, nelle mense sarebbe stata preparata una pasta diversa, prodotta con una miscela di grano sia italiano che estero. Un dettaglio che, per Colletti e Di Pillo, potrebbe minare la regolarità della gara d’appalto assicurando «una presunta illegittima utilità aggiuntiva all’impresa».

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L’esposto ricostruisce quello che, secondo il M5S, sarebbe accaduto: in un primo periodo, la ditta vincitrice dell’appalto (un’associazione temporanea di impresa tra la Cir Food di Reggio Emilia, già titolare del servizio mensa negli anni precedenti, e la Bioristoro srl di Roma), avrebbe usato la pasta di un noto marchio italiano che, in base alle informazioni assunte da Colletti e Di Pillo, sarebbe prodotta «anche con grano estero». Poi, la ditta avrebbe cambiato prodotto scegliendo un marchio altrettanto noto, la Molisana.
Prima di presentare l’esposto, Di Pillo ha portato il “caso pasta” anche nella commissione Garanzia del Comune: alla commissione, guidata dal consigliere Carlo Masci, è stato trasmesso un documento in cui il pastificio garantisce che «i prodotti a marchio La Molisana Grandi Cucine sono prodotti con semola italiana», a Ripamolisani in provincia di Campobasso. Il documento, firmato dall’amministratore delegato Giuseppe Ferro, assicura anche che «i grani utilizzati sono di provenienza italiana, delle regioni Molise e Puglia». Una dichiarazione ufficiale che, per il M5S, non è sufficiente a chiudere il caso. A causa di un messaggio su Whatsapp. Perché, allegato all’esposto, c’è anche un dialogo tra Di Pillo e il servizio clienti del pastificio. Senza presentarsi come consigliere, Di Pillo ha chiesto con un messaggino se la pasta «è fatta di solo grano prodotto e coltivato in Italia». Questa la risposta sull’atto esibito in procura: «È il frutto della miscelazione di grano italiano ed estero».
E il Comune? L’uso di un tipo di pasta al posto di un’altra, dice l'esposto, «sarebbe avvenuto in assenza di una pronta attività di vigilanza e sanzionatoria dell’amministrazione». Lo stesso esposto rivela che il Comune ha sanzionato già la Cir-Bioristoro «per una generica “non conformità alle caratteristiche merceologiche previste dal capitolato e relativo a più prodotti alimentari”». Secondo il M5S, il tipo di pasta è determinante in quanto la ditta avrebbe ottenuto un punteggio maggiore in sede di gara d’appalto proprio grazie al prodotto 100% italiano. E poi, sostiene il M5S, usare una pasta non completamente italiana comporterebbe un risparmio: «Occorre sottolineare che l’inadempienza della ditta avrebbe comportato uno scadimento della qualità del servizio a discapito degli utenti», dice l’esposto, «e una presunta illegittima utilità aggiuntiva per l’impresa in danno, tra l’altro, degli interessi finanziari pubblici».
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