il fatto

Pescara, l'imprenditore Santomo derubato in casa mentre dorme

I ladri hanno rubato l'argenteria, l'unica cosa di valore che era rimasta : «È la settima volta, adesso basta, lascio tutto aperto, venissero quando vogliono tanto non c’è più niente»

PESCARA. «Ho sentito il cane che abbaiava, saranno state le quattro, ma ho ripreso a dormire. Mi sono accorto la mattina dopo che c’erano stati i ladri». Gianni Santomo, eclettico imprenditore tra i promotori della grande pallanuoto pescarese degli anni Ottanta e oggi alla guida della sua ultima scommessa, l’Hot lake di Manoppello per wakeboard, wakeskate e sci nautico, racconta con il suo imperturbabile fatalismo l’ennesimo furto, il settimo, subìto in casa. Con la differenza che stavolta in casa c’era anche lui che, con il figlio, dormiva al piano superiore. «È la settima volta che mi profanano casa», racconta, «e ormai sono talmente abituato che non mi fa più nè caldo nè freddo. La prima volta ti senti stuprato, poi ci prendi l’abitudine, ci rido. Ma è certo che se lo vedo qualche cosa gli devo fare, qualche trappola me la devo inventare. Perché tanto lo so che è sempre lo stesso basista, uno che mi veniva sempre a cercare l’obolo e come giuda mi si è venduto. Ma è gente infame».

Racconta di non aver avuto paura, e di aver anche immaginato, sentendo il cane abbaiare alle quattro del mattino, che potesse esserci qualcuno al piano di sotto, «ma non avevo voglia di scendere, tanto che potevano rubare? Solo l’argento c’era rimasto». E infatti hanno preso quello, tutto l’argento esposto al piano terra, a cominciare da una insalatiera in argento massiccio da venti chili. «Sono entrati dalla finestra della cucina», racconta Santomo, «hanno preso una sacca Adidas con le rotelle che mi aveva regalato Estiarte, quelle tipo golfista, e l’hanno riempita di quello che hanno trovato, pure la coppa enorme che mi aveva regalato mio fratello quando è nato mio figlio Rocco. Ma l’avevano già puntata dal precedente raid, perché tanto è sempre lo stesso che viene, un nullafacente di Pescara che conosce alla perfezione casa mia».

È soprattutto per il legame affettivo con quella coppa che Santomo si dispiace («e se la vanno a vendere non vale niente»), del resto gli interessa poco: «Dopo il primo furto nel 2001, quando presero i Rolex, i lingotti d’oro e tutto quello che avevo nelle due cassaforti, mi sono tolto tutto. Tutto venduto, e le cassaforti non le ho più rimesse. Mi sono rimasti i quadri, ma non li toccano, come pure i libri antichi che avevo sulla scrivania. Hanno preso l’argento, e questo dimostra che non sono neanche zingari, perché per gli zingari rubare l’argento porta sfortuna».

Oltre all’argento, nella notte tra venerdì e sabato i ladri hanno preso anche i libretti degli assegni di Santomo, vera fonte di fastidio per l’imprenditore che ha subito fatto denuncia e allertato la banca: «Uno che ruba il libretto degli assegni lo sa già che crea solo un fastidio, perchè non li potrà usare, e proprio per il dispetto, per il disagio creato, va punito. Il ladro stupido va arso vivo come fecero a Celano a metà degli anni Trenta». Ma il gusto inguaribile per la provocazione non nasconde del tutto il senso di impotenza dell’imprenditore che alza bandiera bianca dopo l’ultima barriera abbattuta dai ladri, il cancello elettrico agganciato a una macchina e forzato: «Lo lascio così, d’ora in poi non chiudo neanche più casa. Lascio tutto aperto. Tanto la porta della cucina da cui sono entrati l’altra notte era rimasta aperta perché dopo uno dei vari furti non si chiudeva più, stessa cosa le 12 finestre al piano terra, tutte distrutte. Dovrei mettere le grate di ferro e vivere in carcere, e non ci penso proprio».

A differenza del primo furto, quando in cambio di 150mila euro l’imprenditore riuscì per vie traverse a recuperare tutto quello che gli avevano preso dalle cassaforti (tranne i lingotti d’oro) Santomo stavolta non si muoverà: «Non voglio andare in città a contattare il mondo della ricettazione, perché mi darebbe fastidio, anche se verrei subito a sapere tutto, ma una brava persona non ci deve neanche provare a mettersi in questi giri».

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