Pescara, la Chiesa processa don Vito: il parroco rischia l’espulsione

Via al dibattimento canonico per il prete sospettato di aver abusato di un minorenne. Battaglia in aula tra il promotore di giustizia (il pm) e il sacerdote che difende Cantò

PESCARA. «E’ riservato al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di 18 anni». Nel processo penale canonico, don Vito Cantò, è accusato di «atti impuri con un minore» perché il prete di 42 anni non avrebbe rispettato il sesto comandamento. E’ da poco iniziato per il prete il processo penale canonico arrivato alla seconda fase, quella che equivale al dibattimento e che potrebbe arrivare a sentenza all’inizio del prossimo anno. Dopo il rinvio a giudizio per l’articolo 6, paragrafo 1 delle norme canoniche sui «delitti più gravi», il processo è entrato nel cuore e nelle prossime udienze saranno chiamati i testimoni.

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La Chiesa processa don Vito per abusi. Per la prima volta nella provincia e, caso raro nella regione, la Chiesa sta processando un chierico finito sotto processo non per accuse come ad esempio la calunnia o la diffamazione ma per quella più grave di abusi su un minore, il reato per cui un paio di anni fa la Santa Sede aveva aggiornato la normativa canonica di riferimento sui «delitti eccezionalmente gravi». Don Vito Cantò, il prete che 16 mesi fa era stato allontanato dalla chiesa di Villa Raspa e sospeso dalle mansioni sacerdotali da monsignor Tommaso Valentinetti, è stato da poco “rinviato a giudizio” dal tribunale in formazione collegiale composto da tre giudici ecclesiastici mentre le altre parti sono rappresentate dal promotore di giustizia, l’equivalente del pm nel processo civile, e da un sacerdote avvocato che si occupa della difesa di don Vito.

Il processo penale canonico è entrato da poco nella fase finale, in quella che corrisponde al dibattimento, e per cui nelle prossime udienze l’accusa e la difesa chiameranno i testimoni, tra cui potrebbe esserci il ragazzino, la presunta vittima degli abusi che sarebbero avvenuti tra il 2011 e il 2012.

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Accanto al processo canonico c’è poi l’inchiesta penale del pm Salvatore Campochiaro che sta dirigendo le indagini della squadra Mobile di Pierfrancesco Muriana che parla attraverso quindi il codice penale e il reato 609 quater perché, come recita il capo d’imputazione, «don Vito avrebbe compiuto atti sessuali sul minore di 16 anni che gli era stato affidato per ragioni di educazione religiosa». Per questo procedimento che corre parallelo a quello canonico, il pm ha chiesto l’incidente probatorio, ovvero di acquisire la testimonianza del minore che entrerà direttamente nel processo.

Il parroco rischia di perdere lo stato clericale Sembrerebbe avere tempi più scorrevoli, invece, il procedimento canonico che potrebbe concludersi nel giro di un paio di mesi. Ma cosa rischia in questo caso don Vito? Lasciando sempre aperta la strada dell’assoluzione, il parroco originario di Cepagatti, rischierebbe dalla pena più blanda, come una limitazione del ministero o l’obbligo di dimora in una struttura protetta come un monastero oppure la più alta prevista: la dimissione, la perdita dello stato clericale. Il processo canonico, di norma, si svolge nel luogo dove è stato commesso il delitto che, in questo caso, sarebbe Villa Raspa di Spoltore e quindi don Vito potrebbe essere processato nella curia di Pescara anche se non è escluso che la sede sia un’altra. Il processo civile, invece, si trova ancora in una fase embrionale perché la richiesta formulata dal pm di incidente probatorio deve essere accolta dal giudice per le indagini per le indagini preliminari.

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