il racconto

Pescara, la gastroenterite era un'appendice perforata: salvato bimbo di 3 anni

Era ricoverato a Teramo. La rabbia della madre: "In ospedale mio figlio stava morendo"

PESCARA. È stato ricoverato 5 giorni all’ospedale di Teramo per quella che avrebbe dovuto essere una gastroenterite che si passa tra i bambini dell’asilo e, poi, dopo essere tornato a casa, è stato visitato altre tre volte perché i dolori non finivano mai ma nessuno si è accorto che la prima diagnosi era sbagliata. È successo a un bambino di quasi tre anni che, dopo 12 giorni di cure inutili, ha rischiato di morire: è stato salvato a Pescara, nel reparto di Chirurgia pediatrica. Solo perché la mamma non si è rassegnata a quelle «coliche addominali» che non passavano mai. «Il mio bambino è nato per la seconda volta», dice adesso lei, la mamma, Silvia Santori, originaria di Campli e residente a Teramo. È lei a raccontare un «calvario» che si sarebbe potuto evitare con un’ecografia. Adesso, il suo bambino, Diego, è ancora ricoverato e passerà il compleanno, il prossimo 10 gennaio, in ospedale. E non è ancora fuori pericolo.

Ecco il suo racconto: «Il 22 dicembre scorso mio figlio è andato all’asilo come tutti i giorni. Più tardi, dalla scuola materna, mi hanno chiamato dicendomi che aveva un po’ di febbre e di andare a riprenderlo. Così, il 23, l’ho fatto restare a casa pensando a una banale influenza. Il 24, la vigilia di Natale, il mio bambino, che di solito è davvero molto vivace, era sempre stanco, inappetente e aveva 40 di febbre. Allora, verso le 17,30, io e mio marito lo abbiamo portato al Pronto soccorso di Teramo: i medici l’hanno visitato e ci hanno detto che aveva una gastroenterite spiegandoci che, in quel periodo, era particolarmente diffusa tra i bimbi in età prescolare. Dopo la visita e le analisi del sangue, il bambino è stato ricoverato nel reparto di Pediatria di Teramo e tutte le mattine veniva sottoposto a una visita di controllo. Il 29 è stato dimesso anche se i valori non erano stabili, a partire dai globuli bianchi elevati: i medici ci hanno detto di curarlo a casa solo con i fermenti lattici e che ci saremmo dovuti rivedere il successivo 8 gennaio per un controllo». Ma, una volta a casa, è cominciato un altro incubo perché Diego non stava bene: «Il bambino», continua la mamma, «aveva crampi addominali, dolori forti e si svegliava anche di notte. Noi cercavano di calmarlo pensando che fossero gli strascichi della gastroenterite. Poi, però, visto che era sempre peggio, il 2 gennaio, siamo tornati al Pronto soccorso e il bambino è stato rivisitato: lo stesso medico che l’aveva dimesso l’ha ricontrollato e, palpandogli la pancia con le mani, ci ha parlato di meteorismo addominale».

«Ci hanno rimandato a casa, tranquillizzandoci e dicendoci di continuare con i fermenti lattici e, al bisogno, degli analgesici per calmare il dolore. La notte, però, il bambino continuava a soffrire e, il pomeriggio del 3, siamo tornati al Pronto soccorso per la terza volta: l’hanno visitato ancora, palpandogli un’altra volta l’addome con le mani, e poi hanno scoperto un’infiammazione all’organo genitale, chiamata balanopostite. Abbiamo comprato altri medicinali per il trattamento di questa nuova patologia e siamo tornati a casa». Il referto medico si chiude con «Tachipirina al bisogno».

La mamma prosegue: «Il 4 gennaio, però, il bambino stava ancora male e non potevamo essere soddisfatti delle rassicurazioni dei medici: ho contattato il mio pediatra e lui mi ha consigliato di far visitare il bambino da Nicola Pappalepore, un chirurgo pediatrico. Così l’ho portato subito da Pappalepore che l’ha visitato, nel suo studio di Mosciano, e mi ha suggerito di fargli eseguire un’ecografia, giudicata indispensabile per la valutazione del caso. Fino a quel momento, l’ecografia non era stata mai fatta. Allora, la mattina seguente, il 5 gennaio, sono andata al Cup per prenotare l’ecografia e mi hanno dato l’appuntamento per il 7 ma il bambino, ormai, stava diventando giallo e non si reggeva più in piedi. Non ho voluto aspettare, non potevo: sono tornata subito in Pediatria e ho preteso che mio figlio fosse visitato ancora e che gli fosse eseguita l’ecografia. Poco dopo, l’ecografia è stata fatta: il responso ha evidenziato una massa di 4 centimetri per 6 e si ipotizzava un probabile fecaloma, cioè un ammasso di feci che il bambino non sarebbe riuscito a espellere. La pediatra di turno ha letto il resoconto dell’ecografia e mi ha consigliato una visita chirurgica e rimandandomi alla visita di controllo del successivo 8 gennaio. Io, però, non ho aspettato perché la situazione mi sembrava sempre più grave e, nonostante le tranquillizzazioni, ho portato il bambino alla Chirurgia pediatrica di Pescara: qui, dopo un’ecografia, si è scoperto subito che mio figlio non aveva mai avuto la gastroenterite ma che l’appendice si era perforata e il liquido di scarto si era raccolto in un ascesso nell’intestino».

Dopo sole due ore dall’ecografia, Diego è stato operato d’urgenza: «Io ho vissuto l’ora peggiore della mia vita perché, dopo l’operazione, ha avuto un’emorragia», dice la mamma, «era troppo debilitato dopo due settimane di dolore e cure inutili e il sangue non si coagulava più. Era bianco e con le labbra nere: stava per morire. I medici ci hanno fatto scappare dalla stanza e gli hanno praticato due trasfusioni di sangue e una di plasma: gli hanno salvato la vita. Probabilmente», dice la mamma, «quell’infezione provocata dall’appendicite durava già dal 23 dicembre. Adesso, è ancora ricoverato e sta seguendo una terapia antibiotica: ha il sondino al naso, la sacca per le urine, un’altra di spurgo e due flebo. Voglio ringraziare il personale dell’ospedale di Pescara, tutti preparati e cordiali. Storie del genere non possono accadere e non devono più ripetersi: se non mi fossi impuntata io, Diego sarebbe morto».

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