Pescara, omicidio Jennifer: la perizia inchioda l’assassino 

Lo psichiatra: «Davide Troilo era capace di intendere e di volere quando uccise la ex con 17 coltellate». Si aggrava la posizione del 34enne

PESCARA. Quando Davide Troilo ha colpito con una, due, fino a 17 coltellate, l'ex fidanzata Jennifer Sterlecchini, uccidendola, era capace di intendere e di volere. A stabilirlo è la perizia psichiatrica disposta dal gup Nicola Colantonio e affidata al professor Massimo Di Giannantonio, docente di Psichiatria alla facoltà di Medicina dell'Università D'Annunzio, nell'ambito del procedimento penale a carico dell’ascensorista di 34 anni. La perizia di Di Giannantonio, depositata il 17 dicembre, si chiude infatti sostanzialmente con l'affermazione che «Troilo non è stato affetto», scrive il docente di Psichiatria, «al momento del compimento dell'atto delittuoso, da patologie psichiatriche, ovvero da elementi clinici di sufficiente valore psicopatologico, in particolare psichiatrico-forense, che possano consentire di affermare che sussistessero aspetti di malattia mentale tali da configurare una condizione di interesse medico-legale ai fini dell'imputabilità, ovvero incidendo o diminuendo la capacità di Troilo di intendere e volere». Parole messe nero su bianco che pesano come un macigno e che pongono in toto l'assassino di fronte alle sue responsabilità.

leggi anche: Strappata alla vita con 17 coltellate durante il trasloco PESCARA. Era il 2 dicembre del 2016 quando Jennifer Sterlecchini, 26 anni, commessa con il sogno di andare in Spagna, è stata uccisa dall’ex fidanzato, Davide Troilo. I due erano nell’abitazione dove...

Jennifer, 26 anni, commessa con il sogno di andare in Spagna, la mattina del 2 dicembre 2016 sta riprendendo le ultime cose dall'abitazione di via Acquatorbida, dove i due hanno vissuto insieme. Ma lui non le permette di andare via: la colpisce con 17 coltellate, dietro la porta di ingresso chiusa a chiave, infrangendo per sempre i sogni della ex.
Gli accertamenti sullo stato di salute mentale dell'imputato, accusato dal pm Silvia Santoro di omicidio volontario pluriaggravato, hanno anche stabilito che Troilo «non presenta al momento condizioni di pericolosità sociale» e che «è capace di partecipare coscientemente al procedimento penale, avendo piena cognizione della situazione, delle dinamiche e delle strategie giudiziarie, necessarie all'esercizio dei differenti ruoli delle parti protagoniste di un processo penale». La difesa di Troilo, rappresentata dall'avvocato Giancarlo De Marco, nei mesi scorsi, aveva presentato una perizia di parte secondo la quale invece l'ascensorista era «parzialmente capace di intendere e di volere nel momento dell'omicidio, per una lunga serie di cause legata a una personalità particolare».
Tesi che non trova riscontro nelle conclusioni a cui è giunto il perito del gup Colantonio. La perizia del prof Di Giannantonio sarà illustrata al giudice e discussa il prossimo 24 gennaio nel corso dell'udienza preliminare che deciderà il destino dell'assassino di Jennifer. Troilo rischia il massimo della pena, ossia l'ergastolo, che potrebbe poi essere ridotto a 30 anni per lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato, con il quale verrà giudicato.
Il condizionale è d'obbligo, ma è certo che il destino di Jennifer e dei suoi bellissimi grandi occhi neri è stato deciso dalla mano omicida di chi diceva di amarla e invece l'ha strappata alla vita.
Nel primo anniversario della morte di Jennifer, la madre, Fabiola Bacci, e il fratello, Jonathan, hanno organizzato una fiaccolata, da piazza della Repubblica a piazza Salotto.
Da quel tragico 2 dicembre, i familiari della 26enne sono impegnati in una raccolta di firme per riformare il rito abbreviato, una scelta in memoria di Jennifer e di tutte le donne vittime di violenza, una violenza che non è più un’emergenza occasionale ma un fenomeno radicato e strutturale.