Pescara, vigilanza scolastica: nonni vigilantes aboliti insieme ai voucher

Il Comune non può più "assumere" i pensionati: il servizio torna alla polizia municipale. Cgil e Cisl denunciano: uso distorto dei buoni lavoro

PESCARA. I voucher sono stati aboliti. E adesso? Con il venir meno dei buoni lavoro Pescara perde i nonni vigile davanti alle scuole. In realtà i voucher già acquistati possono essere usati fino alla fine dell’anno, ma il Comune non ne aveva ed è stato necessario imporre uno stop ai pensionati che aiutavano i bambini ad attraversare la strada all’ingresso e all’uscita da scuola. E ora, da due giorni, sono i vigili urbani ad occuparsene.

È fallito il tentativo della giunta comunale di dirottare sui nonni vigile una parte dei voucher destinati ad un altro progetto, rivolto ai disoccupati e chiamato “Mi impegno per Pescara”. Si è opposto il consigliere comunale Massimiliano Pignoli perché «non era giusto togliere fondi ai disoccupati per darli ai pensionati, togliere ai molto poveri per dare ai poveri. Si potevano usare», dice, «i fondi destinati ad altre voci, come i grandi eventi o il gabinetto del sindaco. E ora vanno trovate delle soluzioni». Ma non se ne vedono.

L’abolizione dei voucher è un risultato per la Cgil, che ha raccolto le firme per promuovere un referendum su questo tema e ora evidenzia tutte le storture derivanti dai buoni lavoro. Il dato pescarese è «enorme», fa notare Emilia Di Nicola, alla guida del sindacato. «Le ore di lavoro pagate con i voucher sono state 800mila, nel 2016, in questa provincia (tre milioni di ore in tutto l’Abruzzo), e le donne sono oltre la metà dei lavoratori che ne hanno usufruito», sottolinea la sindacalista dicendo che «c’è stato un abuso ed è molto probabile che i voucher siano stati utilizzati per coprire il lavoro nero. Ad esempio», prosegue, «in molti casi sono stati usati per un numero di ore inferiore rispetto a quello effettivo». Di Nicola risponde a chi pensa che ora i lavoratori saranno «penalizzati». Non è così, per la rappresentante della Cgil, perché «le principali categorie di persone che venivano retribuite con i buoni lavoro avrebbero potuto beneficiare di altri tipi di contratto, tutti già previsti. Con i voucher, invece, perdevano i propri diritti e non venivano riconosciuti socialmente perché quello pagato con i voucher non era ritenuto un lavoro». I vantaggi erano tutti a favore dei datori di lavoro perché si accollavano «meno responsabilità e costi minori» e si trattava per lo più di «grandi imprese» ma per Di Nicola «chi ha bisogno veramente di lavoratori li assume».

Delle soluzioni alternative ai voucher ci sono già e le «forme» a cui ricorrere sono, ad esempio, «il lavoro occasionale subordinato, che è importante dal punto di vista previdenziale».

Per il futuro la Cgil ha una sua proposta, scritta «nella Carta dei diritti universali del lavoro la cui discussione è incardinata alla Camera» e chiede che venga «trovata una soluzione per gli studenti, gli inoccupati i pensionati e i disoccupati che non hanno integrazione al reddito e che prestano lavoro occasionale. Ma il periodo di tempo non deve essere superiore a un mese o 40 giorni l’anno, e i compensi non possono superare i 2500 euro». È fondamentale, per la Cgil, che «le alternative ai voucher, da cercare, abbiano al centro le persone e le tutele».

Boccia l’uso abnorme dei voucher anche Umberto Coccia, della Cisl, che però non promuove completamente la loro abrogazione. «I buoni lavoro», fa notare, «rappresentavano la legalizzazione di una prestazione. E ora non ci sono più» per cui c’è il timore che «una grossa fetta di queste prestazioni vada a finire in lavoro nero. Ora parlano di una nuova normativa ma non sappiamo cosa combineranno: sono terrorizzato».

Il punto, per Coccia, è che i voucher (19mila in meno nel 2016 rispetto al 2015, cioè l’11 per cento in meno, nel pescarese) dovevano essere «usati per situazioni assolutamente occasionali e invece c'è stato un abuso e andava a finire tutto lì». Eppure i buoni lavoro erano una opportunità perché «c'era tutto, cioè la quota oraria per il lavoratore e la quota di contributi (che poi si faceva fatica ad esigere)».

Coccia riconduce le storture avvenute negli anni al fatto che «in questo Paese ci sono troppi furbi e non c'è una norma che preveda sanzioni». Ma nello stesso tempo, va detto, sono «venuti meno i controlli» e anche ci fossero stati, «con la rilevazione di un uso illegale di questo strumento, non sarebbe successo niente. E invece ci deve essere la certezza delle sanzioni». Certo non è normale che in Italia si creino degli strumenti e poi risultino «di impossibile utilizzo o perché ci sono lacci e lacciuoli oppure perché vengono usati indiscriminatamente».

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