Il cantiere della società PescaraPorto sulla riviera, a Porta Nuova

PescaraPorto, indagato D'Alfonso

La procura avvisa il governatore-senatore, Ruffini, Milia e altri due per il palazzo sulla riviera

PESCARA. Chiusura indagini con avviso a cinque persone, tra le quali il governatore della Regione Abruzzo, Luciano D'Alfonso, nell'inchiesta conosciuta come Pescaraporto sulla variazione di destinazione d'uso di un'area vicino al porto di Pescara. Le accuse sono di falso in atto pubblico e abuso patrimoniale. L'inchiesta, condotta dal procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, e dal pm Anna Rita Mantini, è arrivata a conclusione. Oltre a D'Alfonso, tra gli indagati c'è anche il suo ex segretario particolare Claudio Ruffini, il capo di gabinetto del sindaco, Guido Dezio, l'avvocato Giuliano Milia e il dirigente del servizio regionale del Genio civile di Pescara, Vittorio Di Biase. «Mi aspettavo di essere il primo a ricevere questo atto e invece, per l'ennesima volta, lo leggo dalla stampa. Spero di individuare prima o poi questa manina o queste manine così interessate allo spettacolo giudiziario», dice il governatore interpellato a margine di un evento a Pescara. La vicenda comincia con la richiesta di variazione della destinazione d'uso, da uffici e alberghi a residenze, di due dei tre edifici di ventuno metri che avrebbero dovuto essere realizzati  sul lungomare cittadino, vicino all'area ex Edison, accanto all'ex Cofa, dalla società PescaraPorto che risulta intestata a due società minori: Viana, di cui sono azionisti i costruttori Andrea e Luca Mammarella, e Uropa, di cui sono soci Ugo, Roberto e Paola Milia, figli di Giuliano Milia, legale di fiducia del presidente della giunta regionale, Luciano D'Alfonso. Sono state alcune intercettazioni, relative ad altre indagini, a fare scattare l'inchiesta giudiziaria che poggia, in particolare, su una conversazione in cui D'Alfonso chiede a Ruffini di recarsi da Milia per parlare del caso Pescaraporto, alla luce di un documento in cui il dirigente del Genio civile sottolinea la «situazione di potenziale pericolo» nell'area dell'intervento edilizio e chiede a Comune e autorità di bacino «di verificare regolarità e compatibilità idraulica delle attività». In base alla ricostruzione della procura, Milia si sarebbe servito di una copia dell'atto del Genio civile in suo possesso per scrivere una minuta con cui chiedere allo stesso ente di modificare l'orientamento espresso precedentemente. Dopo ulteriori incontri, e presunte pressioni, il 15 marzo 2016 Di Biase scrive una nuova nota, che _ sempre secondo la procura _ ricalca l'appunto scritto da Milia, risultando «ideologicamente falsa» e finalizzata a favorire la società Pescaraporto. Il documento sarebbe stato concepito per blindare il cambio di destinazione d'uso richiesto da Pescaraporto. In realtà, non sortisce gli effetti sperati perché il Consiglio comunale di Pescara, il 24 febbraio 2017, boccia la richiesta.