L’azienda: così rischiamo il fallimento

Polizia provinciale controlla il sansificio «Impianto spento»

PESCARA. Il sansificio è spento. La conferma arriva dalla polizia provinciale che ieri ha fatto un sopralluogo all’impianto di strada vicinale Torretta per verificare la provenienza della puzza....

PESCARA. Il sansificio è spento. La conferma arriva dalla polizia provinciale che ieri ha fatto un sopralluogo all’impianto di strada vicinale Torretta per verificare la provenienza della puzza. Puzza che da alcuni giorni viene segnalata di nuovo da cittadini e associazioni ambientaliste.

«Con sicurezza possiamo affermare», ha detto il comandante della polizia provinciale Giulio Honorati, «che almeno da ieri mattina (martedì, ndr) ad oggi (ieri) l’impianto è rimasto spento. I controlli continueranno periodicamente e a sorpresa». Honorati ha poi lanciato un appello ai cittadini. «L’importante», ha affermato, «è che chi sospetta l’avvenuta accensione dell’impianto chiami immediatamente le forze dell’ordine».

Intanto, ieri il titolare del sansificio Schiavone biocalore, Christian Schiavone, ha lanciato l’allarme. «Grazie al sindaco Marco Alessandrini e all’assurda burocrazia di questo Paese», ha fatto presente, «la nostra azienda sta per fallire e 20 famiglie resteranno senza reddito». Il riferimento del proprietario è all’ordinanza emanata dal sindaco il 2 aprile scorso per far sospendere l’attività del sansificio a seguito di presunti malori di alcuni dipendenti di Attiva, la municipalizzata che ha sede nelle vicinanze del sansificio. «Le abbiamo provate tutte», ha rivelato Schiavone, «abbiamo potenziato le strutture esistenti per abbattere le emissioni di fumo e, in accordo con Provincia e Arta, abbiamo dotato l’impianto di un sistema di abbattimento di nuova concezione (biofiltro) con un investimento di oltre 100mila euro, ma non è servito a niente. È bastato che un dipendente della società Attiva accusasse un malore per far chiudere l’attività. Il processo di essicazione della sansa è un processo naturale e non produce immissioni nocive. Noi non effettuiamo procedimenti chimici, né bruciamo sostanze. Abbiamo sollecitato il sindaco a rivedere la sua ordinanza, ma invano. Ricorreremo al Tar per far annullare un provvedimento assurdo e chiederemo al Comune i danni per la forzata chiusura dello stabilimento». (a.ben.)

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