«Pratiche più veloci per salvare l’edilizia travolta dalla crisi»

Appello di imprenditori e sindacati in Consiglio comunale Sospiri: si comprino alloggi invenduti per fare case popolari

PESCARA. Uno stop condiviso al consumo di suolo, in ragione della consapevolezza che negli ultimi anni «in città si è costruito oltre ogni limite», la promozione di politiche urbanistiche ed edilizie che puntino alla promozione di processi di rigenerazione urbana e riqualificazione dell’esistente, favorendo demolizioni, ricostruzioni e il cambio di destinazione d’uso di determinati manufatti. È questo il leitmotiv del consiglio comunale straordinario, che si è tenuto ieri pomeriggio per iniziativa dei consiglieri di centrodestra Marcello Antonelli, Guerino Testa, Carlo Masci, Luigi Albore Mascia, Vincenzo D’Incecco, Eugenio Seccia, Fabrizio Rapposelli, Alfredo Cremonese e Massimo Pastore per accendere i riflettori sulla crisi economica e occupazionale del comparto dell’edilizia e del suo indotto.

A Pescara la congiuntura economica negativa non accenna a placarsi, come mostrano gli ultimi dati diffusi dalle associazioni di categoria e dai sindacati, presenti in sala consiliare: Nell’ultimo triennio le aziende chiuse toccano quota 200, il 25 per cento del totale. Nello stesso periodo sono 1.550 i posti di lavoro persi, pari al 36 per cento. Se si scorrono i numeri della Cassa edile, emerge una diminuzione di oltre la metà di imprese e dipendenti: 1.500 lavoratori nel 2014 a fronte di 3.000 nel 2008 e poco più 500 aziende censite nel 2014 a fronte di 1.000 nel 2008. «Sta venendo meno la voglia di combattere», ammonisce Giuseppe Girolimetti (Ance), «ci vorrebbe un defibrillatore. Chiediamo alla politica di superare i campanilismi e fare scelte chiare e veloci, non ci salverà nessuno se non noi stessi».

Sulla stessa scia emotiva gli interventi di Renato Giancaterino (Cna), del segretario provinciale della Fillea/Cgil Dovi Aloumon e del presidente provinciale dell’ordine degli architetti Laura Antosa. Una stoccata alla classe dirigente arriva dalle parole sarcastiche dal titolare di un’agenzia immobiliare in piazza Salotto, Alessandro Marini: «Pescara è una città di mare», dice, «ma è come andare al cinema e non riuscire a guardare lo schermo. Qui da noi ci vogliono due anni per ottenere una concessione edilizia, non è concepibile».

Tra i banchi, in rappresentanza della Regione, l’assessore Donato Di Matteo e il consigliere di Forza Italia Lorenzo Sospiri, promotori di una serie di istanze rivolte al sindaco Marco Alessandrini, titolare della delega all’urbanistica. «Inutile continuare a costruire quei casermoni di case popolari che creano ghettizzazione», rimarca Sospiri, «un’idea potrebbe essere l’acquisto degli appartamenti invenduti utilizzando i fondi della Cassa depositi e prestiti». «Sono d’accordo», ribatte Di Matteo, «ma l’invenduto non può essere legato a tariffe diverse dall’edilizia popolare. Il patto di futura vendita può dare la possibilità di riscatto a chi prende una casa a canone concordato».

Accantonata, almeno per il momento, l’ipotesi avanzata da Testa di un’espansione in verticale della città per prevenire il consumo di suolo, poiché il sindaco Alessandrini ha ricordato «una norma dell’Enac che impone vincoli in altezza nella zona a 15 chilometri dall’aeroporto». Poco prima Testa aveva ribadito la necessità di recepire decreto sviluppo ed eliminare il vincolo sui presunti edifici storici, mentre Seccia aveva puntato l’attenzione sulla creazione di un’agenda strategica per il territorio. Nei piani del primo cittadino, invece, c’è la realizzazione di «una città smart» e di «un libro bianco delle periferie». Bocciato l’ordine del giorno del Movimento 5 Stelle.

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