Quell’allarme valanghe mai arrivato a Farindola

La Forestale segnala il rischio alla Prefettura, ma nessuno chiama il Comune

PESCARA. L’allarme valanghe non è mai arrivato a Farindola. L’allerta slavine, lanciato dagli agenti della Forestale di Rigopiano e rilanciato dal comando regionale dell’Aquila attraverso il servizio Meteomont, si è fermato nel palazzo della Prefettura di Pescara. Una beffa che emerge dalle parole del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta: «Il Comune non ha mai ricevuto l’allerta valanghe», dice il primo cittadino, «abbiamo ricevuto solo il bollettino della Protezione civile sulle avverse condizioni meteo e sull’arrivo di una forte nevicata».

Pericolo ignorato. Eppure, da lunedì scorso, il pericolo di valanghe nella zona del Gran Sasso è elevato: un rischio sempre crescente fino a toccare, nella giornata del mercoledì della tragedia con la slavina sull’Hotel Rigopiano, il grado di 4 su 5. Che vuole dire «marcato pericolo»: un rischio reale. I carabinieri del Nucleo investigativo e i Carabinieri forestali di Pescara hanno sequestrato i bollettini del Meteomont partiti dall’Aquila e arrivati in città e, ora, vogliono capire se quell’allarme è stato rilanciato oppure no ai Comuni montani interessati e agli operatori turistici della zona. Ma la rivelazione di Lacchetta sembra indicare almeno una falla nel sistema: in municipio, a Farindola, non è arrivato alcun allarme valanghe per la zona di Rigopiano. L’unico dubbio sul mancato arrivo riguarda il fatto che, a Farindola, dalla serata di lunedì scorso manca l’energia elettrica e anche il Comune è senza corrente. Solo due giorni fa, sono arrivati due generatori per la zona centrale dell’abitato: «Siamo rimasti anche senza linea telefonica fissa e senza Internet», spiega il sindaco, «ma in caso di pericolo reale, la Prefettura avrebbe potuto contattarci in tanti altri modi. Se una comunicazione è importante non basta inviare una mail». Sempre che la mail sia stata inviata davvero dalla Prefettura. Perché il sospetto degli inquirenti è che la catena dell’informazione si sia spezzata subito e proprio negli uffici di piazza Italia. «Quando si lancia un allarme ci si deve sincerare che quell’allarme arrivi a destinazione», sottolinea Lacchetta.

Domande in procura. E se in municipio fosse arrivato in tempo l’allerta valanghe, sarebbe cambiato qualcosa? È una domanda che rimbalza nell’inchiesta in mano al procuratore capo Cristina Tedeschini e al pm Andrea Papalia. Una domanda che ne innesca un’altra: con l’allarme valanghe e la neve sempre più alta fino a toccare picchi di 5 metri a Rigopiano, sarebbe stato necessario evacuare l’hotel? E se sì, quando? Martedì sarebbe stato possibile, mercoledì invece no. Mercoledì, l’ordine di sgomberare il resort si sarebbe infranto contro il muro di neve sulla strada per Rigopiano: gli 8 chilometri di salita tortuosa tra località Mirri e Rigopiano sono stati percorribili fino a martedì sera quando due ospiti e il direttore dell’albergo Bruno Di Tommaso sono andati via. Mercoledì mattina, poi, lo spazzaneve non è riuscito a intervenire a causa della neve caduta nella notte: «La neve dei giorni passati è sempre stata tolta entro la giornata», racconta al Centro Lacchetta, «martedì, quando dopo una nottata di neve fino 1,2 metri, abbiamo liberato la strada alle 13,20 con i mezzi provinciali. Mercoledì non è stato possibile perché la neve ha superato 1,5 metri e c’era bisogno di una turbina. Ci siamo attivati con la Provincia per richiederla immediatamente». Un paese isolato. E circa 5 ore prima della valanga, al termine di una riunione in prefettura, la Provincia ha lanciato un sos persino al governo con una lettera al premier Paolo Gentiloni, al dipartimento nazionale della Protezione civile, alla Regione Abruzzo e ai Vigili del fuoco di Pescara. Un appello, firmato dal presidente Pd Antonio Di Marco, per «avere a disposizione immediatamente mezzi turbina per liberare dalla neve le strade provinciali e comunali». Ma quella turbina è arrivata troppo tardi a Farindola: a disastro ormai avvenuto. E con un’altra turbina, dell’Anas, ferma a Penne dopo aver pulito solo la statale 81.

Caos turbine. Con le prime acquisizioni in Provincia e in prefettura, gli investigatori hanno scoperto che una turbina di proprietà della Provincia si è rotta il 6 gennaio scorso ed è ancora in officina. Così, mercoledì, la turbina sarebbe dovuta arrivare da Campobasso. Proprio come annunciato da Di Marco su Facebook quasi alla stessa ora della tragedia: «Stiamo aspettando l’arrivo, da Campobasso, di una turbina», recita il post del presidente della Provincia alle 17,09. Per la procura, a quell’ora, si è scatenata già l’apocalisse con una valanga dal fronte di 300 metri che ha investito l’hotel.

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