Quella sola abitazione rimasta ad Avezzano

Ha resistito alla scossa del 13 gennaio 1915, realizzata dal “cementista armato” Cesare Palazzi

AVEZZANO. L’unica che ha resistito, la casa in via Garibaldi ad Avezzano. L’unica della città rimasta in piedi all’alba del 13 gennaio 1915, quando un disastroso terremoto colpì la Marsica. Adesso è monumento nazionale, precisamente dal 25 agosto 1992. Per più di un secolo ha richiamato studiosi da tutto il globo. Scienziati da Giappone, Stati Uniti, Germania e Brasile hanno voluto toccare con mano quell’edificio tra le montagne abruzzesi che ha resistito a una scossa del 7° della scala Richter, una delle più devastanti avvenute in Italia.

La casa si compone di due piani, quasi 160 metri quadri di superficie, e ha una forma a “elle”. La struttura portante è in cemento armato, così come i cordoli. È formata da blocchetti in cemento, con leganti dello stesso materiale (non in calce, come per la maggior parte degli edifici del tempo). Le fondamenta, su terreno breccioso, sono realizzate con la tecnica della trave rovescia o plinto rovesciato. Il tetto-terrazzo è formato da putrelle collegate a cordoli in cemento armato. Ma la particolarità sta all’interno: una scala elicoidale che va dalla cantina, con volta a botte, fino all’ultimo piano. Una scala-pilastro che per gli studiosi ha assorbito le onde sismiche del 13 gennaio. Una tragica data per Avezzano e la Marsica.

Il terremoto spazzò via in una manciata di secondi interi paesi e causò oltre 30mila vittime, 10mila delle quali ad Avezzano. La città fu sbriciolata e rimase in piedi la sola abitazione di via Delle Vigne, l’attuale via Garibaldi (oggi in centro, ma al tempo in periferia). Fu realizzata da Cesare Palazzi, nato nel 1859, di origini bolognesi. Un uomo che girava con un biglietto da visita con su scritto “cementista armato”. Iniziò a fare il costruttore a Bologna, prima di emigrare in Brasile. A San Paolo, dove si realizzavano i primi grattacieli, Palazzi perfezionò le tecniche del cemento armato. Rientrato in Italia agli inizi del Novecento, conobbe a Roma gli ingegneri di Torlonia. Dopo il prosciugamento del lago Fucino c’era bisogno di esperti per costruire le paratie a tenuta stagna nei canali. Fu scelto Palazzi. Così il “cementista armato” si trasferì ad Avezzano e nel 1910 realizzò la casa, nei pressi della stazione ferroviaria. L’abitazione a prova di sisma è diventata punto di riferimento per gli ingegneri che da decenni studiano quali tecniche adottare per proteggersi dai terremoti. Così è avvenuto anche con Franco Iacobelli, docente universitario alla Sapienza di Roma, per mettere a punto le più recenti normative antisismiche italiane.

Negli ultimi giorni anche il geologo Mario Tozzi si è interessato all’abitazione per una puntata del programma Rai “Fuori luogo”.

La casa è attualmente abitata da Claudio Palazzi. «Grazie al mio bisnonno Cesare, quattro generazioni hanno vissuto in questo edificio», racconta Palazzi, «dopo il terremoto del 13 gennaio 1915 la casa fu requisita dalla prefettura, divenne punto strategico per la gestione dei soccorsi, accolse le opere d’arte recuperate fra le macerie e poi sparite durante un trasferimento in treno. Qui passò anche il re e qui dormì don Orione. E subito divenne oggetto di studi, a cominciare dal Genio militare. Quando fu varato il nuovo Prg di Avezzano l’allora sindaco Bultrini tenne conto delle caratteristiche della casa, soprattutto per valutare le altezze dei nuovi edifici della ricostruita Avezzano. Il mio bisnonno diceva che l’aveva fatta col giusto senso di praticità e con la giusta proporzione di materiali. È monumento nazionale grazie all’impegno di mio padre Guglielmo, professore di matematica. A ogni terremoto si riaccende l’interesse attorno all’abitazione», riprende Palazzi. E conclude con un’ultima storia: «Cleto, il figlio del mio bisnonno, perito industriale e direttore della manutenzione dell’allora zuccherificio di Avezzano, era impegnato nel turno di notte quando ci fu la scossa. Tornò in bicicletta, Avezzano era devastata. Credeva di trovare morti e macerie anche a casa sua. Invece i familiari erano davanti all’abitazione rimasta intatta grazie al mio bisnonno».

Sulla parete dell’abitazione di via Garibaldi si trova una piccola targa in marmo con su scritto “Unica casa che ha resistito al terremoto del 13 gennaio 1915”.

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