Rigopiano, gli avvocati di Lacchetta denunciano D’Alfonso 

In 50 pagine le accuse dei legali del sindaco di Farindola al governatore.  Ma dai primi accertamenti della Procura, chi sapeva non l’avvisò dell’emergenza

PESCARA. Per chiudere l’inchiesta Rigopiano ci sono ancora due questioni da approfondire. Il ruolo svolto dal presidente della Regione e neo senatore, Luciano D’Alfonso nella gestione dell’emergenza Rigopiano e nella prevenzione del rischio, e la mancata attivazione degli elicotteri dell’Aeronautica militare per soccorrere i sopravvissuti dell’hotel Rigopiano subito dopo la valanga, come ricostruito da un’inchiesta del Tg3 Abruzzo a cura del giornalista Ezio Cerasi. Due questioni sollevate rispettivamente dagli avvocati del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (tra i 23 indagati) con una denuncia nei confronti di D’Alfonso lo scorso 28 febbraio, e da un esposto in cui il 19 gennaio 2018 si chiedeva alla Procura di approfondire quanto emerso in quei giorni dal servizio Rai sul mancato utilizzo degli elicotteri a Rigopiano.
Su questo stanno lavorando i carabinieri forestali dopo tutte le verifiche e gli accertamenti svolti su quanto emerso dagli interrogatori dei 23 indagati lo scorso dicembre e dopo che hanno praticamente finito, (proroga compresa) anche i consulenti incaricati dalla Procura di approfondire e valutare ulteriori aspetti tecnici relativi alla Carta valanghe e all’ampliamento dell’hotel sulla base degli stessi interrogatori di dicembre.

leggi anche: Il Comitato vittime di Rigopiano Rigopiano, il Comitato vittime "interroga" i Pm / VIDEO La delegazione va in procura e incontra i magistrati per avere informazioni sull'inchiesta. E sul mancato utilizzo degli elicotteri nella notte della tragedia

La linea della Procura, come ha ribadito il procuratore Massimiliano Serpi ai familiari delle vittime spiegando a grandi linee il perché della proroga di sei mesi, è di non tralasciare nulla; di prendere in considerazione ogni memoria o denuncia che possa offrire ulteriori spunti investigativi a un’inchiesta complessa come quella di Rigopiano. Tra gli approfondimenti in atto ci sono quelli sollecitati, con una denuncia di circa 50 pagine, dagli avvocati del sindaco Lacchetta, Cristiana Valentini, Massimo Manieri e Goffredo Tatozzi sulle eventuali responsabilità del governatore D’Alfonso in merito alle 29 vittime della valanga che il 18 gennaio 2017 ha abbattuto l’hotel Rigopiano. Responsabilità da valutare non solo in merito alla prevenzione legata alla mancata realizzazione della carta di localizzazione dei pericoli da valanga (che abbraccia un arco temporale di 22 anni che vanno ben oltre la consiliatura coperta da D’Alfonso), ma anche in relazione alla gestione dell’emergenza in quei giorni maledetti.
D’Alfonso, in qualità di presidente della Regione, era anche la massima autorità regionale in materia di protezione civile. Era lui, ad esempio, come scrivono i tre avvocati in uno dei tanti punti sollevati nella loro denuncia, che su segnalazione del dirigente del servizio Emergenza, doveva autorizzare la convocazione del Core, il comitato operativo regionale delle emergenze che nonostante i catastrofici bollettini meteomont e le allerte meteo dei giorni precedenti, viene convocato solo alle 15,30 del 18 gennaio. E non due giorni prima, come rimarcano gli avvocati che lo accusano. Ma stando a tutti gli atti acquisiti finora dai carabinieri forestali tra mail e telefonate della sala operativa regionale, nessuno comunicò a D’Alfonso che c’era il problema Rigopiano. Sarebbe questo il motivo per cui ad Atri le turbine il 18 gennaio arrivarono, reperite dalla Regione in Lombardia, e a Rigopiano no. Perchè, come hanno ricostruito gli investigatori, la prefettura di Teramo chiese quelle turbine alla sala operativa regionale già dal giorno prima, il 17, quando sollecitò anche l’intervento dell’esercito. Per Rigopiano non va così perché, così sarebbe emerso dagli atti acquisiti finora dagli investigatori, né Comune né Provincia comunicano l’emergenza alla sala operativa regionale. Il 18 gennaio non lo fa il sindaco Lacchetta, che pure aveva contattato con gli organi della Provincia, e non lo fa il presidente della Provincia Antonio Di Marco, nonostanteche della questione ne fossero al corrente i suoi funzionari dalla mattina.
Ma Di Marco non solleva il problema Rigopiano, almeno stando al verbale acquisito dalla Procura, neanche nel corso di quella seppur tardiva riunione delle 15,40 del 18 gennaio. Non ne fa ufficialmente e formalmente parola, nonostante che fosse reduce dal drammatico faccia a faccia nella sua stanza con Rossella Del Rosso che, inviata per la seconda volta in Provincia a chiedere aiuto dal fratello Roberto, ideatore dell’hotel, ne legge a Di Marco i concitati messaggi di aiuto (il terrore del terremoto, i clienti chiusi nelle auto con i motori accesi, gli attacchi di panico, i telefoni isolati, i bambini), con foto allegate. «Che cosa gli devo rispondere?», chiede sfinita Rossella Del Rosso a Di Marco. Le rispondono che alle 15,40 ci sarebbe stata la riunione con D’Alfonso. Ma in quella riunione nessuno nomina Rigopiano.
©RIPRODUZIONE RISERVATA