Rigopiano, vigili del fuoco e forze dell'ordine: «Il prefetto non ci ha mai convocati» 

Polizia stradale, carabinieri e dirigenti delle fiamme gialle smentiscono la tesi di Provolo: «Il 16 gennaio scorso non eravamo operativi»

PESCARA. «In data 16 gennaio 2017 non ho ricevuto nessuna convocazione, né telefonica né tantomeno formale dalla Prefettura di Pescara». Quello che riferiscono ai carabinieri forestali il comandante della polizia stradale di Pescara Silvia Conti, il comandante del reparto operativo dei carabinieri Gaetano La Rocca, l’ingegner Giuseppe De Fabritiis e il geometra Claudio Casaccia dei vigili del fuoco in qualità di componenti del Centro operativo viabilità è una smentita secca e ripetuta a quanto affermato sia formalmente sia pubblicamente, nei giorni successivi alla tragedia, dal prefetto Francesco Provolo sulla gestione dell’emergenza maltempo culminata con i 29 morti di Rigopiano. Una versione piena di incongruenze che l’allora prefetto, con il vice Leonardo Bianco e la responsabile della sala operativa Ida De Cesaris, indagati per omicidio colposo e lesioni colpose, potranno chiarire all’interrogatorio, ma che ora sono lo specchio di quello che c’è dietro al disastro.

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LA NOTA AL MINISTRO. La mattina del 16 gennaio, il vice prefetto Bianco scrive al consiglio dei ministri, al ministero dell’Interno e alla Regione Abruzzo, di aver attivato già alle 9 di quel 16 gennaio, «la sala operativa provinciale di protezione civile, nonché il Centro coordinamento soccorsi, e disposto la convocazione del comitato operativo per la viabilità».
MAI CHIAMATI. «In data 16 gennaio non ho ricevuto nessuna convocazione per il Cov presso la Prefettura di Pescara e non ho agli atti d’ufficio il verbale della presunta riunione», dichiara invece la dirigente della Polstrada Conti agli investigatori, che ricevono la stessa risposta anche dagli altri. «Nessuno ci ha mai chiamati», ripetono infatti i principali componenti di quel Cov. Gli stessi che, con le loro dichiarazioni, unite a quello che riferiscono l’architetto dell’Anas, una dipendente e un funzionario della Prefettura, una consigliera provinciale e un tecnico ai carabinieri forestali, non solo smentiscono l’effettiva apertura del Cov il 16 gennaio, ma attestano che questo, con la sala operativa di Protezione civile e il centro coordinamento soccorsi, è stato attivato solo alle 12 del 18 gennaio. Impedendo, fino a quel momento, come fanno notare gli investigatori nella loro informativa, qualsiasi scambio di informazioni tra Prefettura e Provincia anche in merito al guasto della turbina adibita allo sgombero della neve del tratto di strada Penne-Rigopiano. Consapevolezza che invece avrebbe fatto scattare il monitoraggio di altri mezzi o la chiusura della strada, anche in considerazione dell’isolamento in cui era rimasto lo stesso hotel a marzo 2015.
TUTTI I MEZZI PRONTI. Eppure, come ricostruiscono i carabinieri forestali che dopo la memoria presentata dall’avvocato Camillo Graziano per conto della famiglia Feniello sono andati a verificare l’operato della prefettura in quei giorni dell’emergenza, lo stesso Provolo il 17 gennaio scrive ancora al consiglio dei ministri, al ministero dell’Interno e alla Regione ribadendo di aver convocato il Cov dalla mattina del 16 gennaio «per il monitoraggio delle arterie autostradali e strade provinciali». E aggiunge: «La Provincia è intervenuta sulla rete stradale di competenza provvedendo ad attivare tutti i mezzi spazzaneve previsti dal Piano operativo dell’ente, garantendo la immediata e quotidiana pulizia delle strade di competenza. Anche questa Prefettura», conclude, «ha attivato la sala operativa provinciale di protezione civile e il centro coordinamento soccorso». Ma è una operatività solo sulla carta.
DOPPIA VERSIONE. Lo riferisce, tra gli altri, anche il funzionario della prefettura Giancarlo Verzella che poco dopo le 10 del 24 gennaio, ascoltato dalla Mobile, dice in merito alla mattina del 18 gennaio: «Intorno alle 12 il prefetto ha dato disposizione che coloro i quali dovevano operare sul terreno potevano recarsi nei rispettivi luoghi di lavoro, quindi mi sono recato presso la sala operativa per svolgere la funzione di vice coordinatore e rendere operativa la sala... dalle ore 13 la struttura è diventata operativa». Quanto alla nota che invece fa riferimento al 16 gennaio, «non ricordo», dice Verzella. Lo chiarisce pubblicamente poco meno di tre ore dopo lo stesso Provolo che in una riunione tecnica nella sede del Centro operativo multicomunale di Penne, quel 24 gennaio elenca tutte le operazioni della prefettura dal 16 gennaio: «Attivazione della sala operativa provinciale di protezione civile, del centro coordinamento soccorso e convocazione del comitato operativo per la viabilità». E chiarisce la dinamica delle richieste di intervento arrivate dopo il crollo dell’hotel «alla centrale operativa delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco, e alla sala operativa del 118». Con il comandante dei carabinieri e il questore che citano la telefonata al 112 di Quintino Marcella poco dopo le 18 e quella delle 18,20 al 113. Entrambe riconducibili alla funzionaria che respinse l’allarme, ma di cui solo il contenuto di una è finito per ora agli atti.
LA RICHIESTA D’AIUTO. Quanto alla mail in cui alle 13,41 del 18 gennaio il direttore dell’hotel Bruno Di Tommaso chiedeva alla Prefettura e agli altri enti, interventi per sbloccare la strada («i clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche»), spunta la relazione della De Cesaris. Si intitola “Appunto per il signor prefetto” e dice testualmente: «Con precisione ricordo che mi fu comunicato lo spostamento della turbina diretta verso Villa Celiera per due anziani intossicati da monossido e indirizzata poi verso Rigopiano». Dagli atti acquisiti dai carabinieri forestali, però, non solo quella turbina non è mai stata dirottata a Rigopiano, ma non è mai arrivata neanche a Villa Celiera dove intervenne, via terra, il personale del soccorso alpino.