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Sanitopoli, tangenti da 850 mila euro: «Angelini pagò Del Turco»

Confermata e definitiva la condanna per l'induzione, ma ci sarà un nuovo processo sull'associazione a delinquere. Sotto accusa tre dazioni di denaro avvenute a Collelongo

PESCARA. Tre tangenti per un totale di 850 mila euro, compresa la famosa mazzetta con i soldi nascosti in un sacchetto di mele e fotografati. Soldi pagati, tra il 2006 e il 2007, dall’allora titolare di Villa Pini Vincenzo Angelini all’ex governatore Ottaviano Del Turco durante gli incontri nella sua casa di Collelongo. La sentenza della Cassazione sulla Sanitopoli abruzzese, che il 14 luglio del 2008 portò in carcere Del Turco e decapitò la giunta regionale di centrosinistra, afferma che le tangenti non sono più presunte: per i giudici della Sesta sezione penale, Angelini è stato obbligato a pagare altrimenti la sua casa di cura, a Chieti, sarebbe stata boicottata dalla politica. Del Turco «è stato destinatario, nel complesso, di tangenti per 850 mila euro», dice la sentenza di appello a pagina 554 e questo passaggio chiave è sopravvissuto anche alla pronuncia della Cassazione. Ora, la sentenza è definitiva: Del Turco – condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi, ridotti in appello a 4 anni e due mesi – è colpevole di induzione indebita. Pressioni su Angelini per ottenere denaro.

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NUOVO PROCESSO. Ma la decisione, arrivata nella notte tra venerdì e sabato, non scrive la parola fine a un caso giudiziario che riporta indietro a più di 8 anni fa: con la formula dell’annullamento con rinvio, la Cassazione ordina un nuovo processo davanti alla Corte d’Appello di Perugia ma solo per l’accusa di associazione a delinquere. I giudici umbri sono chiamati a rivalutare gli elementi di prova del reato e a ricalcolare la pena già stabilita in appello. Insomma, l’associazione a delinquere non è morta: il reato va solo riesaminato. Ma non è detto che ci sarà il tempo di un nuovo processo: la prescrizione, tra fine 2017 e inizio 2018, potrebbe cancellare il reato prima della decisione.

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POLTIGLIA LETALE. Una sentenza a due facce, in attesa delle motivazioni previste tra due mesi. Perché la procura di Pescara dice che le accuse hanno retto e che ormai «le tangenti nella sanità sono un fatto acclarato», mentre la difesa di Del Turco replica parlando di «tragica farsa» e «mare di assurdità» ed esulta per «un’indagine polverizzata, ridotta in poltiglia», orfana del suo capo di imputazione «più importante». È il capo 11 che meritò 7 pagine filate sull’ordinanza degli arresti. «Trifuoggi esulta? Sapersi accontentare di poco è una virtù», dice l’avvocato di Del Turco, Giandomenico Caiazza.

MELE VELENOSE. Di certo, dal 2008 a oggi, si riducono gli episodi di consegna di denaro da Angelini a Del Turco: dei 21 casi originari ne restano tre. Mazzette da 200 mila euro, 400 mila e l’ultima da 250 mila, compreso il caso delle mele risalente al 2 novembre 2007. Denaro che, però, non è mai spuntato fuori sui conti di Del Turco né degli altri imputati. «Nessuno ha saputo fornire prova nemmeno per un centesimo», accusa Caiazza. Ma, come in appello, Angelini è ritenuto in parte credibile anche in Cassazione. Un pronunciamento che non chiude l’eterna polemica sull’imprenditore che, nel 2007 davanti agli allora magistrati di Pescara Nicola Trifuoggi, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, denunciò in confessioni fiume le tangenti milionarie ai politici: per la difesa di Del Turco, le accuse non stanno in piedi perché arrivano da «un bancarottiere seriale, condannato a più di 20 anni per una distrazione di fondi pari a 105 milioni». Sommando le tangenti, in primo grado a Pescara il 22 luglio 2013, furono inflitte condanne per 6 milioni e 200 mila euro di presunte mazzette, mentre in appello il giro di denaro si ferma a 850 mila, cioè 7 volte di meno. Adesso, però, la cifra è definitiva.

GIUNTA RIVEDIBILE. La sentenza di secondo grado, emessa all’Aquila il 20 novembre 2015, va in parte riscritta: i magistrati umbri devono rivedere la pena per Del Turco e altri imputati tra i quali l’ex assessore alla Sanità, Bernardo Mazzocca, e altri funzionari e componenti della vecchia giunta. «Preferisco non commentare la sentenza, anche se non l’ho accolta bene», dice Mazzocca. Condanna per associazione a delinquere annullata con rinvio anche per Camillo Cesarone, ex capogruppo della Margherita, e Lamberto Quarta, ex assessore.

TORNA BOSCHETTI. Festeggia l’annullamento senza rinvio l’ex assessore Antonio Boschetti: «È stata confermata l’assoluzione piena per corruzione, sull’altro reato c’è prescrizione. Dopo 8 anni esco solo con assoluzioni nella consapevolezza di non aver mai rubato soldi a nessuno. Mi piacerebbe tornare a rivivere la vita di partito».

ARACU NON PAGA. Sabatino Aracu, ex deputato di Forza Italia appena rieletto alla presidenza della Federazione italiana hockey e pattinaggio, non dovrà risarcire Angelini e le altre parti civili: le condanne sono state annullate ed è una decisione che vale centinaia di migliaia di euro: «Sono soddisfatto per la definizione di un processo che tante sofferenze mi ha creato. Non è nei miei pensieri ripropormi in politica, credo che un mio ritorno sia una minestra riscaldata». Ancora aperta la questione dei risarcimenti per Regione, Asl e cliniche.

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