Un tratto di spiaggia del lido delle Sirene. Per il tar, il canone demaniale va calcolato in base agli effetti dell'erosione

PESCARA / LA SENTENZA

Spiaggia cancellata dal mare: De Cecco vince ricorso al Tar 

Il Lido delle Sirene-Cafè Les Paillotes ha ottenuto l’annullamento del canone di 42mila euro del 2016 I giudici: «L’erosione influisce sul pagamento». Ora anche altri balneatori potranno chiedere i danni 

PESCARA. E' una sentenza destinata a far discutere e a creare un precedente giuridico piuttosto rilevante, quella emessa dai giudici del Tar di Pescara per quanto riguarda il pagamento del canone di concessione da parte dei titolari di stabilimenti balneari, a fronte delle continue mareggiate che hanno provocato una evidente erosione della costa. A presentare ricorso (stilato dagli avvocati Giulio Cerceo e Fabio Elefante) contro il Comune di Pescara, nel novembre 2016, fu la società Porta Nuova Entertainment srl del cavalier Filippo Antonio De Cecco, che gestisce la concessione balneare Lido delle Sirene-Cafè Les Paillotes. I giudici amministrativi hanno riconosciuto fondato il ricorso e annullato la nota del Comune di Pescara che per l'anno 2016 chiedeva un canone di 42mila euro.
RICALCOLARE IL CANONE «L'effetto conformativo della presente sentenza», scrivono i giudici amministrativi, «consiste nello stabilire l'obbligo del Comune di Pescara di provvedere alla rideterminazione del canone concessorio dovuto dalla società ricorrente per l'anno 2016 procedendo a rivalutare, ove ancora possibile, l'incidenza degli eventi dannosi e dei fenomeni geomorfologici, accertati con il verbale di sopralluogo del 28 giugno 2016, sull'effettivo utilizzo del bene oggetto di concessione per finalità turistico-ricreative».
Non è dunque vero che la società ricorrente non fece nulla per risolvere il problema, come ha sostenuto il Comune opponendosi al ricorso (i giudici hanno anche ritenuto infondate le eccezioni sollevate dall'amministrazione). In sostanza era accaduto che a causa della riduzione dell'arenile per le forti mareggiate, la concessionaria aveva chiesto una riduzione del canone e si era anche detta disposta a effettuare i lavori di ripristino dell'arenile a sue spese: costi che, anche se non formalmente richiesti, potevano essere poi detratti dal canone.
NESSUNA RISPOSTA Ma il Comune non rispose mai. Peraltro, dopo le insistenti richieste della società ricorrente, risulta che il 28 giugno 2016, come scrivono i giudici in sentenza, «i tecnici del Comune, della Regione e della Direzione marittima di Pescara hanno effettuato un sopralluogo, all'esito del quale hanno constatato la effettiva riduzione dell'arenile, determinata dalla violenza delle mareggiate e dalla sovrapposizione di fenomeni meteomarini, e hanno riconosciuto la necessità di porre in atto interventi manutentivi alle opere di difesa esistenti». Ma nonostante ciò, il Comune procedette alla determinazione del canone per l'anno 2016 «utilizzando il mero criterio tabellare fondato sul calcolo della media delle due rilevazioni effettuate nell'anno precedente, senza tener conto delle sopravvenienze di fatto accertate dalle autorità competenti».
ATTO VIZIATO Insomma, un atto viziato per essere stato adottato «in assenza della necessaria istruttoria e dunque per essere carente di una sufficiente motivazione che desse conto dell'adeguamento del canone all'effettivo utilizzo del bene oggetto di concessione». Un principio che potrebbe aprire la strada a una vera e propria rivoluzione da parte della stragrande maggioranza dei concessionari di tutta la costa che da anni vedono drasticamente ridotto l'arenile, ma non altrettanto il canone.
D'altronde è lo stesso codice della navigazione, come sostiene il Tar in sentenza, a riconoscere il diritto del concessionario a «ottenere un'adeguata riduzione del corrispettivo che è obbligato a corrispondere per l'uso speciale o per lo sfruttamento commerciale del bene pubblico, nella ipotesi in cui «per cause naturali, i beni del demanio marittimo concessi subiscano modificazioni tali da restringere l'uso della concessione».
APRIPISTA Una sentenza che fa da apripista per tutti i balneatori, specie quando i giudici parlano di un «principio di garanzia della giusta redditività della gestione dei beni demaniali che si realizza con il contemperamento dell'interesse pubblico alla fissazione di un canone commisurato al valore di mercato, con quello privato imprenditoriale al versamento di un canone corrispondente all'utilità ritraibile dal bene demaniale oggetto di concessione».

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