Stavano pianificando il colpo  a un rappresentante di oro  

I due indagati avevano già effettuato dei sopralluoghi nella zona sud della città per entrare in azione  Dalla fine di marzo studiavano i mezzi e le armi da usare insieme alle vie di fuga da percorrere

PESCARA. Un rappresentante orafo. Sarebbe stato questo il prossimo obiettivo di Jhonny Di Pietrantonio e del cugino Kevin Cellini, che stavano progettando una rapina vicino a un ingrosso d’oro, nella zona sud della città. Lo hanno scoperto gli uomini della squadra mobile che stavano tenendo d’occhio i due e li stavano intercettando. Dalle loro conversazioni hanno capito che andavano fermati perché l’assalto al rappresentante, poteva essere imminente.
Il primo accenno a un possibile assalto, per gli uomini della Mobile, viene fatto il 29 marzo quando i due, seduti in auto, osservano il personale del Reparto prevenzione crimine durante un controllo al “ferro di cavallo”, dove la presenza delle forze dell’ordine è stata massiccia, dopo l’aggressione al giornalista Rai Daniele Piervincenzi. Di Pietrantonio, che parla al telefono con un’altra persona, esclama «Uhm! Quattrocentomila euro d’oro» e Kevin ribatte «Uhm!» ma la conversazione si interrompe con Di Pietrantonio che dice «Eh, vabbò, dopo ti dico». Il 3 aprile i due raggiungono la zona sud a bordo di una Fiat Bravo, commentano la situazione delle strade e Di Pietrantonio chiede all’altro «Dove passi?», e il cugino risponde «Di là! Da sopra». Una volta arrivati a destinazione individuano il possibile obiettivo e uno chiede all’altro se deve «fare la foto» della targa e se devono «fare la visura». Poi si preoccupano di trovare la via di uscita da usare in macchina, segno che stanno studiando come fuggire. Nel giro di qualche minuto raggiungono il parcheggio della golena, si fermano e lasciano l’auto. Di Pietrantonio si lascia andare a un’espressione inequivocabile, non sapendo di essere ascoltato a distanza dagli uomini della Mobile. «Noi qua, bam.... bam...» e si confrontano sulla opportunità di stare in un posto piuttosto che in un altro. Cellini fa notare che «qua ce lo dobbiamo fare con la moto, si ferma qua». Passano in rassegna vari punti, si chiedono dove lasciare l’auto e Jhonny ribadisce il concetto già espresso sull’uso delle armi: «Bam, bam... bam. Le lasciamo poi saliamo sulla macchina» e l’altro risponde «Ecco qua... è tranquillo... esci qua... lo accendi qua. Allora mo te lo dico io, o ci facciamo prestare la macchina» da qualcuno «che non ce ne frega» e «giungiamo là... così andiamo tranquilli». E poi, ancora, «sali sopra no sopra... al limite brucia al volo là le cose... i vestiti». Poi, aggiunge, «Dopo che sono arrivato qua, ritorno indietro, capito?». E Di Pietrantonio risponde: «Ah, dici che non si vede! Cinque minuti stiamo là». Cellini fa notare che «è cambiato pure l’orario. Speriamo che è una giornata di pioggia. Scusa, bella, perfetta».
Per la polizia i sopralluoghi di preparazione alla rapina, il tentativo di identificare l’auto del rappresentante di gioielli, lo studio delle vie di fuga e l’organizzazione di mezzi e armi riportano alle stesse modalità seguite nell’assalto alla gioielleria “Officine complicato”. Di qui la decisione di «intervenire per interrompere l’attività criminosa», sottolinea il commissario Mauro Sablone ricordando che Di Pietrantonio è stato già arrestato nel 2015 per la rapina da 39mila euro a un commerciale avvenuta al centro agroalimentare di Villanova. (f.bu.)
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