«Tanti punti deboli ma la montagna sa attrarre ancora»

I sindaci di Caramanico e Sant’Eufemia: i giorni della neve ci hanno fatto sentire abbandonati, però il turismo cresce

CARAMANICO TERME. Nei paesi montani alle pendici della Majella l'emergenza non è ancora finita. Aperte le strade, ripristinati i servizi essenziali e di comunicazione resta la gestione del “dopo”, che qui è ancora considerata molto impegnativa per l'organizzazione e i pochi mezzi a disposizione dei piccoli comuni. La montagna insomma grida ancora. E le sue attività vitali, commerciali e di relazione permangono in sofferenza.

Quanto di attrattivo ha perso questo territorio e quanto è rimasto ancora da apprezzare dopo l'esperienza delle continue e molteplici emergenze di neve, black out elettrico, isolamento di comunicazione e non ultimo il terremoto? «Credo che proprio la comunicazione insieme ad un piano di dotazione strutturale a servizio del territorio», osserva il sindaco di Sant'Eufemia a Maiella Francesco Crivelli, «siano i veri punti deboli emersi nel corso di quest'emergenza. Al contrario ritengo sia prioritario rivolgere l'attenzione all’intero sistema di coordinamento e intervento che, in quest’emergenza di natura sicuramente eccezionale, ha evidenziato molti limiti. Ci siamo sentiti spesso soli, abbandonati, ma poi abbiamo avuto la chiara percezione che il sistema degli interventi e dei soccorsi sovracomunali avesse raggiunto il limite e probabilmente coloro che avevano responsabilità nel merito e dovevano aiutarci si sentivano più soli di noi. Lavorare e vivere nelle nostre zone», va avanti Crivelli, «richiede qualcosa in più e il presupposto è una profonda vera passione per la montagna. La natura dalle nostre parti si manifesta più facilmente nella sua potenza e nulla può restarle indifferente. Lo stato di sofferenza dei piccoli comuni montani è la madre di tutte le battaglie che dobbiamo imparare ancora a combattere: noi in ogni caso siamo lontani dall'alzare bandiera bianca».

«La vera emergenza, che abbiamo toccato è la mancanza di coscienza», la riflessione del primo cittadino di Carmanico Simone Angelucci: «Di coscienza dell'Appennino, che a questo Paese manca. La montagna non deve essere abitata solo per consentire a chi la vive di continuarci a vivere, ma deve essere prospettiva di riequilibrio dei territori, in senso demografico, produttivo, sostenibile. Qui si produce aria, acqua, qualità della vita, buon cibo, occasioni di benessere, esperienze di comunità solidali. L'Italia oggi non avverte questa opportunità. L'emergenza è questa», sottolinea. «Non bastano turbine, asfalti, rotatorie o campi da calcetto. L'Appennino è questo grande e inascoltato scrigno di opportunità. Noi resteremo in montagna», afferma con la massima convinzione il sindaco, «seppure non sia chiaro chi debba sostituire i vecchi sistemi di gestione amministrativa delle Comunità Montane, i servizi delle Province, seppure non sia comprensibile come i Comuni come Caramanico, centrali per l'economia e il sistema dei servizi di interi territori, possano ricevere la riduzione dei fondi di solidarietà da 342 mila euro a 52 mila euro in 3 anni. Noi resteremo in montagna, anche perché, se gli entusiasmi degli abitanti oggi subiscono diminuzioni non misurabili ma prevedibili, quelli dei visitatori sono tangibili e crescenti. La Valle dell'Orfento, per esempio, per la prima volta nella storia dell'istituzione del Parco, quest’anno ha registrato un aumento delle presenze del 42,7% rispetto agli ultimi tre anni. È la Nazione dunque», conclude «a non poter fare a meno di noi se vuole un futuro migliore, capace della migliore Italia, fatta di qualità della vita, sostenibilità e benessere».

©RIPRODUZIONE RISERVATA