Teramo, ecco l'ospedale veterinario: salva mille animali l'anno / Video

Viaggio nella struttura sanitaria unica in Italia. Dove lavorano 71 professori, ci sono 5 sale operatorie, risonanza, laboratori, banca del seme e una scuderia come posti letto

Nina e Paco si incontrano all’ingresso dell’ospedale degli animali. Lei è un cane maltese. Lui è un bastardino investito da un’auto. Sembrano Lilli e il Vagabondo. Sono mille gli animali curati nell’ospedale veterinario di Teramo. L’unico in Abruzzo. Uno dei migliori d’Italia perché è il più attrezzato di tutti. Ha cinque sale operatorie, ambulatori con macchinari per la rianimazione polmonare, ecografi e pompe d’infusione, e poi laboratori e scuderie che equivalgono ai posti letto, una banca del sangue con cani e gatti donatori e un centro specializzato nelle analisi di qualità sia dei mangimi per animali sia della carne, il latte, i suoi derivati e l’olio, destinati agli esseri umani.
L’ospedale veterinario di Piano d’Accio, alle spalle dello stadio di Teramo, è il fiore all’occhiello dell’Università del rettore Luciano D’Amico. Crea reddito perché è aperto a tutti. Dai proprietari di cani e gatti, agli allevatori di cavalli, bovini e ovini. Dalla padrona di Nina, che arriva da Pescara, all’ex campione del mondo di Endurance che vuole che la sua cavalla si riproduca. Attorno all’ospedale degli animali gravita, studia, opera, insegna o impara la professione un esercito composto da mille studenti e 71 professori.

Teramo, ecco l'ospedale veterinario che cura mille animali l'anno
Un'eccellenza d'Abruzzo l'ospedale veterinario dell'Università degli studi di Teramo a Piano d'Accio. Nel servizio di Lorenzo Colantonio, tutte le attività che si svolgono nell'ospedale che cura mille animali l'anno. (video di Luciano Adriani)

Scene uniche. Seguire in diretta un intervento chirurgico su un cavallo, trovarsi di fronte a sacche di sangue destinate a trasfusioni animali, spalancare l’enorme porta che immette nelle sala della risonanza magnetica o per le radiografie, così moderne da fare invidia agli ospedali delle Asl abruzzesi, è un’esperienza unica. Che in pochi, fatta esclusione per gli addetti ai lavori, hanno fatto in Abruzzo.
Il viaggio comincia. Giunone è il nome della cavalla che Jacopo Di Matteo, ex campione mondiale di endurance, sta per riprendersi e riportare a Pizzoferrato. Giunone è stata ingravidata con il seme di uno stallone francese. L’immagine dell’ecografia dell’embrione, che il professor Ippolito De Amicis mostra, non è molto diversa da quella che un ginecologo farebbe vedere a una mamma in dolce attesa.
Il clinico ostetrico firma le dimissione del purosangue arabo. Il costo dell’intervento: cinquecento euro più 15 per ogni giorno di degenza.

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La banca del seme. Un microscopio digitale mostra l’immagine caotica di migliaia di spermatozoi. Si muovono all’impazzata. Impiegano solo 14 secondi a scongelarsi dopo che Gloria Alessia li ha estratti da un bidone da cui fuoriesce fumo dell’azoto liquido che mantiene la temperatura a valori incredibilmente bassi: meno 196 gradi. Ma basta un attimo per ridare vita al liquido seminale dello stallone francese nel laboratorio di riproduzione assistita che con gli altri laboratori di istologia patologica, del professor Leonardo Della Salda, oppure di parassitologia, del docente Donato Traversa e di malattie infettive, della professoressa Barbara Di Martino, fanno di questo ospedale un centro unico.
La banca del sangue. Dal laboratorio centralizzato, diretto dal dottor Renato Peli, che analizza campioni ematici, si passa all’Unità emotrasfusionale della professoressa Morena Di Tommaso. Che gestisce la banca del sangue per cani, gatti e cavalli. Con tanto di animali donatori i cui padroni, in cambio ricevono un sacco di mangime. Anche la banca crea utili: 150 euro per ogni sacca di sangue venduto.
I numeri dell’ospedale. In un anno, i piccoli animali curati nell’ospedale veterinario sono 550. Parliamo di cani e gatti. I cavalli, invece, sono 270 e i bovini 180. A questi si aggiungono 60 pecore e capre, 50 conigli, qualche tartaruga, un istrice e due caprioli.
Appena entri, ti ritrovi nella reception con accanto nove aule per la didattica, per l’informatica, l’aula magna e la biblioteca. E con tanti studenti, che arrivano da tutt’Italia, in fibrillazione per la festa di fine corso. Un festa con una sorpresa finale: un video che, parafrasando Tolkien, racconta la storia del “Signore degli agnelli”, ovvero il preside di facoltà, Augusto Carluccio, considerato un amico dai ragazzi, un eccezionale insegnante dai colleghi appassionati come lui del mondo animale. Sotto la guida di Carluccio, l’ospedale di Medicina veterinaria, in meno di tre anni, ha ottenuto l’autorizzazione dalla Regione. Ed è decollato.

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Nelle sale operatorie. Il cavallo Spirit ha 7 anni. Una colica intestinale lo ha messo ko. Bisogna intervenire subito. Aprendolo per togliere una parte d’intestino. In cinque lo operano, nella sala grande come mezzo campo da tennis. Spirit viene prima addormentato nel box per l’abbattimento e il risveglio che ha pareti imbottite. E poi tenuto sotto anestesia per un’ora. Le sale operatorie sono cinque: tre per piccoli animali, due per quelli grandi. Chi coordina i chirurghi è il professor Lucio Petrizzi. Gli interventi più frequenti sono di castrazione, artoscopia, ernia, fratture e colica. In anno ne hanno eseguiti trenta su cavalli, con una riuscita positiva che supera l’80 per cento dei casi. Un intervento costa al proprietario non più di 600 euro. In dieci giorni Spirit sarà guarito.
Storie da box. Nell’ospedale degli animali non ci sono posti letto. La degenza si fa nelle scuderie dove ogni box ha una storia. Da quella di Natalie, cavalla inseminata, allo stallone inglese Sopran Galimix che ha avuto una colica ma vanta un harem di 15 cavalle. Quindi Noemi con accanto la sua puledra che ha l’arto posteriore sinistro fratturato. E infine Nume, il campione delle Murge. Struttura nera e possente, con una lunga criniera. Pesa 700 chili. E’ un cavallo vigoroso, talmente bello che sembra uscito da un affresco di Leonardo, la Battaglia di Anghiari.
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