Terme ancora chiuse Un paese in ginocchio 

La società alla Regione: senza fondi non possiamo riaprire

CARAMANICO TERME. Terme di Caramanico, la riapertura è ancora lontana. Lo confermano i vertici della società concessionaria (peraltro in liquidazione). Non c’è una data che possa dare speranza alle decine di lavoratori a spasso e a un indotto di centinaia di attività commerciali, ricettive e alberghiere del paese montano, costrette a respingere le prenotazioni da mezza Italia.
È una fase di stallo che dura da oltre un mese, da quando la struttura avrebbe dovuto riaprire i battenti per la stagione estiva con prenotazioni che non mancherebbero malgrado il calo registrato negli ultimi anni, soprattutto a causa della crisi. E invece non si vede la luce in fondo al tunnel.
«Siamo preoccupatissimi, non ci sono notizie certe per una eventuale riapertura, siamo in attesa di fondi dalla Regione per poter ripartire», sintetizza il liquidatore della società termale, Franco Masci, al quale risponde l’assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì: «I finanziamenti, 3 milioni e 200mila euro per le cure termali, sono stati deliberati e sono già nelle disponibilità sia delle terme di Popoli (riaperte due giorni fa, ndr) sia per Caramanico: potete riaprire».
E invece no. «Siamo in liquidazione volontaria, non ce la facciamo da soli, se riaprissimo lo faremmo in perdita» sottolinea Masci, «non possiamo fare affidamento solo sui fondi per le cure termali (aerosol, insufflazioni). Facciamo da anni cure riabilitative respiratorie e motorie per assistiti Inail che hanno l’invalidità, ma oramai sono pochi. Quindi bisogna estendere i servizi anche ad altri assistiti del sistema sanitario nazionale, ma a costi inferiori. Abbiamo una struttura attrezzata e qualificata per poter offrire un servizio tutti i giorni dell’anno, anzi, gli impianti si devono utilizzare altrimenti rischiano pure di rovinarsi». Dunque, da una parte l’assessore regionale assicura che la società concessionaria ha le disponibilità economiche per riaprire i battenti delle terme di Caramanico, dall’altra la stessa società, che gestisce l’impianto dal 1943, sostiene di non avere abbastanza liquidi per far decollare la stagione. Masci si appella a «delibere di giunta che non sono state fatte e che danno la possibilità di accedere a finanziamenti inseriti nella legge di stabilità 2019 che sono destinati alle zone termali» e che ammonterebbero a una cifra pari a «900mila euro da elargire in tre anni». Cifra, questa, che comunque nulla avrebbe a che vedere, secondo l’assessore, con i tre milioni e rotti già messi a disposizione della struttura dalla Regione. Il liquidatore e amministratore delegato delle Terme, più volte sottolinea che la «crisi iniziata nel 2008 ha fatto registrare un crollo enorme degli utenti, da 21mila ai 14mila odierni. Diminuzione di arrivi registrati in tutta Italia, non solo da noi».
Secondo i vertici di Terme, «la gente non ha abbastanza disponibilità economiche per sostenere le spese degli alloggi. Abbiamo retto molto bene con i pendolari, ma tutto il paese sta risentendo degli effetti di questa situazione. Mai fino a oggi si è visto un calo di utenza del genere, che peraltro non accenna a finire».
Per i lavoratori è un’attesa snervante lo scioglimento delle beghe burocratiche che allungano i tempi della riapertura delle terme. «Duecentosette dipendenti», secondo le stime rese note nel maggio scorso dall’ex sindaco di Caramanico Simone Angelucci, «1100 posti in albergo, centinaia di prenotazioni per le terapie e decine di gruppi organizzati pronti ad arrivare qui dall’Abruzzo e dall’Italia centro meridionale». Lavoratori che secondo la società delle Terme (sorte nel 1901) sarebbero «15 fissi e altri stagionali». Da parte della concessionaria la stagione, comunque, non è ancora compromessa «non è un grandissimo ritardo: con la Regione, passata e nuova amministrazione, abbiamo fatto tanti tavoli», conclude Masci, «sono tutti ben disposti, ma dicono di essere sotto la lente di osservazioni ministeriali» sui piani di rientro.
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