Tolleranza zero verso i furbetti 

Escluso dal sostegno chi si è separato dopo settembre 2018 e chi lascia il lavoro

PESCARA . Reddito di cittadinanza sì, ma a precise condizioni, e soprattutto, tolleranza zero verso gli immancabili “furbetti” che già si stanno attivando per bypassare la legge.
A chiarire, e in parte rivedere i contorni di accesso alla misura contro la povertà, alcuni emendamenti all’interno del “Decretone” all’esame del Senato. Verrà escluso dalle misure sul reddito di cittadinanza, ad esempio, chi ha cambiato residenza dopo il primo settembre 2018. Per assicurare il rispetto delle norme ci saranno scrupolosi controlli dei vigili urbani. L’intesa raggiunta prevede inoltre che con l’accordo del Comune di appartenenza e del beneficiario del reddito si possa passare da 8 a 16 ore di servizi sociali. Controlli incrociati anche per chi chiede di accedere al reddito di cittadinanza e risulta separato o divorziato successivamente al primo settembre 2018. La commissione Lavoro del Senato ha infatti approvato un emendamento che punta a verificare la reale situazione di coloro che chiedono il sostegno economico. La polizia locale dovrà certificare, con un verbale l’effettivo di residenza del separato-divorziato.
Perde il diritto a usufruire della misura anche chi lascia il lavoro a seguito di dimissioni volontarie. Una misura, questa, che non sarà estesa all’intero nucleo familiare, ma solo al lavoratore che ha lasciato volontariamente il proprio posto. Da questa fattispecie sono naturalmente escluse le dimissioni per giusta causa. In questo caso, dunque, chi dimostrerà di essersi dimesso per giusta causa potrà accedere al reddito.
Diventa più complesso il percorso per gli stranieri extracomunitari: la commissione Lavoro del Senato ha approvato un emendamento della Lega al decretone che vincola l'accesso alla presentazione di «certificazione» di reddito e patrimonio e del nucleo familiare rilasciata dallo Stato di provenienza, «tradotta» in italiano e «legalizzata dall'Autorità consolare italiana». Restano esentati i rifugiati politici e chi proviene da Paesi dai quali non è possibile ottenere la certificazione. Il ministero del Lavoro avrà però tre mesi per stilare la lista di questi Paesi.
Il 37% delle famiglie che usufruiranno della misura, infine, non sarà soggetto agli obblighi del lavoro. Si tratta, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, di circa 1.3 milioni di famiglie. (a.bag.)