Tra liti e sondaggi è già corsa alle urne 

FI, Lega, Udc e FdI annunciano ricorsi. Ma Di Sabatino (Pd) ribadisce: «Rispettate con scrupolo le norme e la tempistica»

PESCARA . Sarà una giornata campale, quella di domani, per il centrodestra impegnato almeno su due fronti. Il primo, è il vertice romano tra Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, orientati a chiudere il cerchio sulle elezioni, e stabilire l’abbinamento partito-regione che esprimerà i candidati presidenti di Abruzzo, Basilicata, Sardegna e Piemonte. Il secondo fronte è tutto interno, e si riferisce invece alla data del voto abruzzese, il 10 febbraio del 2019, contestatissima dalle opposizioni che annunciano battaglia senza esclusione di colpi. Sempre giovedì, infatti, si riuniranno anche i vertici regionali di Forza Italia, come ha annunciato ieri il consigliere regionale Mauro Febbo. Il senatore Nazario Pagano, coordinatore regionale di Fi, e il deputato Antonio Martino valuteranno insieme i contenuti del ricorso, che ormai appare ineludibile, contro il decreto con il quale è stata stabilita la data delle regionali. Si tratterebbe, ha detto Febbo, di decidere la strategia assieme ai legali del partito, tra i quali, appunto, il senatore Pagano. Una scelta, quella del ricorso amministrativo, che rischia di dilatare ulteriormente la questione, nonostante la materia elettorale viaggi su binari più celeri rispetto ai ricorsi amministrativi normali.
LA CARICA DEI CANDIDATI. Nel frattempo, che la data possa piacere o meno, sono diversi gli esponenti dei vari schieramenti che si sono messi a disposizione. Per ora, l’unico candidato certo alla presidenza è quello del Movimento Cinquestelle, Sara Marcozzi. Il centrosinistra, in quanto alla presidenza, invece non ha ancora sciolto le riserve, e il centrodestra è alle prese con una decisione difficile: il candidato presidente sarà uomo della Lega o di Fi? A stabilire questo sarà il vertice romano di domani, in base alla “ripartizione” nazionale. Se toccherà alla Lega, è già circolato il nome di Giuseppe Bellachioma, che in questo caso, però, dovrebbe lasciare il Parlamento. Fi, invece, ha quasi completato il sondaggio con i nomi di Mauro Febbo, Umberto di Primio, (che si è dimesso da sindaco di Chieti) e Paolo Gatti. Antonella Di Nino, sindaco di Pratola, che pure era tra i nomi da sottoporre al sondaggio, ha detto di non essere interessata e di voler invece continuare ad amministrare il suo comune. Anche il sindaco di Campli, Pietro Quaresimale, eletto con la Lega, ha già annunciato di volersi candidare come consigliere. In casa del centrosinistra, per candidarsi alla Regione si è dimesso il presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco. Nell’elenco tre esponenti della giunta comunale di Pescara, disposti a tentare l’esperienza da consiglieri regionali. Si tratta del vice sindaco Antonio Blasioli e degli assessori Giuliano Diodati e Giacomo Cuzzi. Anche il sindaco di Giulianova, Francesco Mastromauro, non esclude una candidatura.
LA TEMPISTICA. «Certo», ha sottolineato ieri Febbo, tornando sulla questione della data del voto, «che ha colpito molto la tempistica di questa operazione. Venerdì abbiamo “occupato” simbolicamente il consiglio regionale. Nel pomeriggio siamo stati ricevuti da Giovanni Lolli, che ci ha assicurato che la data sarebbe stata definita in settimana, ma lunedì era già pronto il decreto».
IL CENTRODESTRA. «Riteniamo inaccettabile la volontà del Pd di procrastinare fino al 10 febbraio la data delle elezioni in Abruzzo: un tentativo mal riuscito di tenere in vita un consiglio regionale ormai scaduto, il tutto sulla pelle dei cittadini. Sarebbe ben possibile infatti, andare al voto il 23 dicembre». Lo dichiarano in una nota congiunta i coordinatori regionali del centrodestra, Nazario Pagano (Fi), Giuseppe Bellachioma (Lega), Etel Sigismondi, Giandonato Morra (Fdi) ed Enrico di Giuseppantonio (Udc). «Il desiderio della giunta D’Alfonso di rimanere altri tre mesi al governo della Regione», precisa Pagano, «contrasta profondamente con l’interesse degli abruzzesi, che hanno diritto a una giunta e a un consiglio con pieni poteri. Per non parlare del fatto che continuare a pagare lo stipendio a 31 fra consiglieri e assessori che possono compiere solo atti indifferibili ed urgenti è un enorme spreco di denaro pubblico. Questa scelta, fatta dal Pd in chiara difficoltà nella speranza di prendere tempo, avrà fra l’altro un costo elettorale pesante per loro. Ne usciranno con le ossa rotte». E Bellachioma aggiunge: «Stiamo valutando un ricorso al Tar, ma se non dovessimo riuscire ad anticipare la data delle elezioni e ci costringessero ad andare a votare fra neve e ghiaccio, allora che preparino la giacca a vento, perché sarà una campagna elettorale memorabile, dopo la quale il Pd non avrà nemmeno la forza di tornare a casa».
MALUMORI ANCHE A ROMA. «È inaccettabile e illegittima l’idea del Pd di differire le elezioni regionali dell’Abruzzo al 10 febbraio. Le norme consentono di votare già a novembre e si è atteso fin troppo per le manovre di una sinistra che cerca di rimandare una inevitabile sconfitta. Chiediamo che si voti entro novembre», dice il senatore Maurizio Gasparri. «Vergognosa la scelta di fissare per il 10 febbraio 2019 le elezioni regionali. Gli abruzzesi non possono essere ancora ostaggio del Pd e hanno il diritto di scegliere da chi essere governati. La posizione di Fratelli d’ItaIia è elezioni subito», scrive invece su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
LA DIFESA DEL PD. «La data del voto è stata scelta all’esito di un lavoro svolto in un clima di grande serenità tra il presidente Lolli, d’intesa con il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio, e la presidente della Corte di Appello, Fabrizia Francabandera, che hanno mostrato assoluto scrupolo nel rispettare le norme e la giusta tempistica». Parole di Renzo Di Sabatino, il segretario reggente del Pd abruzzese, dopo le «scomposte e sgangherate esternazioni di alcuni esponenti del centrodestra e del M5S. Bene comunque il loro annuncio di rivolgersi a dei legali», conclude Di Sabatino, «che sono certo spiegheranno loro l'inutilità di un ricorso in sede giudiziaria».
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