Tua, maxi sciopero contro i bus a pezzi 

Veicoli in avaria, disagi e disservizi in continuazione, il sindacato: «Un disastro». Più di 900 tra autisti e controllori incrociano le braccia

PESCARA. Autobus che circolano per strada con le spie rosse lampeggianti, privi di aria condizionata anche nei giorni più assolati e senza un adeguato impianto di riscaldamento nemmeno per coprire le tratte che attraversano l’Appennino. Disagi e disservizi che inevitabilmente ricadono sugli utenti del trasporto pubblico che, esasperati dai ritardi e dalle corse saltate a causa dei veicoli in avaria, finiscono per sfogare la loro rabbia su autisti e bigliettai, sempre più spesso vittime di aggressioni. E poi: percorsi a ostacoli tra buche e voragini per riuscire a parcheggiare i mezzi in deposito e, una volta arrivati a destinazione, un unico bagno a disposizione per cento dipendenti.
SUCCEDE IN ABRUZZO, dove 975 autisti e bigliettai assunti dalla Tua, l’azienda unica regionale, ieri hanno incrociato le braccia per aderire allo sciopero di 24 ore proclamato dall’Orsa (Organizzazione sindacati autonomi e di base) per richiamare l’attenzione di dirigenti, politici e opinione pubblica sulle condizioni definite “disastrose” e “molto al di sotto degli standard nazionali” del servizio di trasporto pubblico locale su gomma e su ferro. Il venerdì nero del trasporto pubblico abruzzese è iniziato con un presidio di cento lavoratori raccolti nel piazzale davanti alla direzione generale della Tua, in via San Luigi Orione, a Pescara. I cartelli e gli striscioni esposti dai dipendenti delle sedi di Chieti, Avezzano, Giulianova, L’Aquila, Lanciano, Pescara, Sulmona e Teramo raccontano le tante ragioni di una protesta, andata avanti per l’intera giornata di ieri, con punte di adesione pari al 90 per cento a Pescara e tra il 65 e il 70 per cento nel resto della regione. Una percentuale che, rapportata ai 1.500 assunti complessivi, rende l’idea della portata della manifestazione organizzata dall’Orsa, sindacato che raccoglie appena il 10 per cento dei lavoratori del trasporto pubblico abruzzese, ma che ieri è riuscito a raccogliere tantissime adesioni da parte di lavoratori iscritti alle altre sigle sindacali.
IN PIAZZA, a supportare le ragioni dei dipendenti, anche il consigliere regionale del Movimento 5 stelle Domenico Pettinari. «Mi è capitato di dover fermare l’autobus per strada, aprire le porte e far scendere i passeggeri che si stavano sentendo male», racconta Alex Orlandi, un autista pescarese presente ieri mattina al sit-in, «c’erano almeno 40 gradi e tutti i condizionatori in tilt. La gente non ne poteva più. Ma questo è un problema che si verifica ogni estate perché i nostri mezzi viaggiano al limite della circolazione».
«In base agli stanziamenti a livello nazionale», spiega Michele Giuliani, segretario regionale di Orsa, «l'azienda dovrebbe rinnovare il proprio parco mezzi in 4 anni e, da fine anno, l'Abruzzo dovrebbe avere cinquanta nuovi bus. Ma restano i problemi legati alla manutenzione e alle lacune delle gestioni passate». La scarsa manutenzione del parco mezzi si somma al mancato rispetto dei livelli di igiene e sicurezza all’interno delle infrastrutture aziendali. I lavoratori che ieri mattina hanno partecipato al presidio di Pescara, infatti, raccontano di locali in avanzato stato di degrado con officine chiuse a causa di infiltrazioni d’acqua, come ad Avezzano o a Giulianova, di depositi con un solo bagno per 100 dipendenti come a Pescara, di buche e voragini in corrispondenza dei garage e di locali comuni addirittura privi di un apposito impianto di aspirazione di gas di scarico e materiali inquinanti. A questi si aggiungono i problemi quotidiani legati all’organizzazione del lavoro e alla mancata applicazione della contrattazione aziendale.
COME RACCONTA Michele Giuliani, una buona fetta dei 1.500 lavoratori di Tua non ha ancora ricevuto in busta paga le indennità lavorative dello scorso anno. In qualche caso i ritardi risalgono addirittura a gennaio 2016. «Per noi», conclude Giuliani, «è una sconfitta essere arrivati a proclamare una giornata di sciopero. Non avremmo mai voluto farlo, ma questa è l’unica arma che ci resta per far sentire le nostre ragioni. Al momento abbiamo intrapreso un percorso relazionale con l'azienda, basandoci sulla capacità propositiva del nostro sindacato autonomo. Ma porteremo avanti i nostri ricorsi anche a livello legale e infatti abbiamo affidato le pratiche ai nostri studi legali».
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