«Una squadra d’azione per distrarre denaro»

Le accuse del pm Varone contro il sistema-D’Alfonso, per 17 ipotesi di corruzione.

 PESCARA. Una «squadra d’azione» capeggiata dal sindaco Luciano D’Alfonso, che «agiva per la distrazione di denaro pubblico» per finanziare La Margherita e attività fuori bilancio utili a far conseguire al sindaco «un ritorno d’immagine», mentre D’Alfonso «operava in modo strategico, mandando avanti i progetti di imprese a lui legate da vincolo affaristico e bloccando quelli presentati da chi non poteva godere del medesimo favoritismo» e, attraverso Guido Dezio raccoglieva in modo sistematico contributi in nero «utilizzati per l’arricchimento personale». È questo, secondo il pm Gennaro Varone, il sistema D’Alfonso, per il quale 24 persone sono indagate: di queste, 17 (tra dirigenti comunali e imprenditori) sono accusate di corruzione, altre 10 di associazione per delinquere.

 Il lungo je accuse della procura di Pescara è contenuto nell’avviso di conclusione delle indagini firmato dal sostituto procuratore Varone il 19 marzo scorso, che il personale della squadra Mobile e della Polpost ha consegnato agli indagati: 24 nomi, rispetto ai 40 del fascicolo iniziale. Di questi, nove sono quelli dei più stretti collaboratori dell’ex sindaco in Comune (Guido Dezio, Marco Presutti, Fabrizio Paolini, Marco Molisani, Giampiero Leombroni, Vincenzo Cirone, Luciano Di Biase, Pierpaolo Pescara e Antonio Dandolo) che, secondo il pm, sarebbero stati collocati da D’Alfonso in «ruoli nevralgici» dell’amministrazione per conseguire i suoi scopi. Gli indagati, che devono rispondere di accuse che vanno dalla corruzione, alla concussione, all’appropriazione indebita, al peculato, alla truffa, hanno ora venti giorni per chiedere di essere ascoltati o presentare memorie difensive prima della firma della richiesta di rinvio a giudizio.

 L’appalto per i cimiteri.
 È il project financing per il cimitero, assegnato all’Ati De Cesaris - Delta Lavori, guidata dagli imprenditori Massimo e Angelo De Cesaris e Alberto La Rocca (accusati di corruzione), uno dei capitoli più corposi: per il pm, la procedura sarebbe stata «pilotata in virtù di un accordo criminoso». Il project financing per manutenzione e ampliamento riguardava inizialmente il solo cimitero di San Silvestro e come tale venne pubblicato sulla Gazzetta ufficiale nell’aprile 2004: tra maggio e agosto di quell’anno, però, scrive Varone, il dirigente dei Lavori pubblici Giampiero Leombroni fa pubblicare tre rettifiche, una delle quali inserisce tra le opere da assegnare entrambi i cimiteri (contrariamente alla decisione del consiglio comunale) e l’ampliamento del cimitero di Colle Madonna, già appaltato ad altra ditta, poi invitata a rinunciare.

 Leombroni non avrebbe rilevato tra l’altro «la difformità tra gli studi di prefattibilità posti alla base del project financing e la proposta del promotore», che prevedeva maggiori oneri per i cittadini, come un aumento delle tariffe «che in alcuni casi era persino del 400%». Una procedura «colma di anomalie»: per ottenere il favore dell’amministrazione, gli imprenditori avrebbero versato a più riprese denaro prima a una società indicata dal sindaco (8.400 euro), e ancora 15 mila euro alla Margherita, e poi 5 mila e 3 mila euro, oltre a occuparsi della «radicale ristrutturazione» dell’abitazione del sindaco in via Salita Zanni.

 Il rapporto con Toto.
 Lunghissimo l’elenco delle presunte regalìe che D’Alfonso avrebbe ricevuto da Alfonso e Carlo Toto (accusati di corruzione) nell’ambito della vicenda relativa alla sistemazione dell’area di risulta. Oltre a retribuire l’autista-factotum Fabrizio Paolini, a pagare viaggi, offrire voli aerei e cene di lavoro, Toto avrebbe conferito «sub-appalti di comodo» all’impresa Eredi Cardinale «tra i quali il viadotto A 24, per il quale sono annotati ricavi per 66.134, 88 euro a fronte di una spesa di 245 euro; la galleria di Francavilla, per il quale sono annotati ricavi pari a 81.600 euro a fronte di una spesa di 11.302,57 euro».

 A che scopo? Secondo l’accusa, con l’obiettivo di «controbilanciare l’impegno di spesa della ditta predetta, impegnata a eseguire, sottocosto, lavori di costruzione della villa in Lettomanoppello» del sindaco, dove D’Alfonso avrebbe ottenuto un vantaggio economico quantificato in circa 200 mila euro. Una sorta di partita di giro: Toto «in contropartita delle illegalità e dei favoritismi» avrebbe pagato cifre gonfiate all’impresa, che a sua volta, da una parte lavorava a costi ribassati per D’Alfonso, dall’altra otteneva appalti in affidamento diretto per circa 500 mila euro. In cambio, il patron di AirOne avrebbe ottenuto l’affidamento in concessione per 30 anni di 4 mila parcheggi invece dei 1600 previsti.

 Le «dazioni».
 Ma le dazioni ricevute da D’Alfonso attraverso vari canali, per la procura, sarebbero innumerevoli. Per esempio quelle ricevute dall’imprenditore Pietro Colanzi, che avrebbe versato a Dezio 5 mila euro e, in forza della «volontà politica benevola», avrebbe ottenuto tra fine del 2005 e la metà del 2006 «una lunga serie di affidamenti a trattativa privata o con procedura di affidamento diretto per un complessivo importo di euro 400 mila. O quelle avute da Vincenzo Fanì, che avrebbe erogato pagamenti per cene elettorali a favore di un candidato alle regionali amico di D’Alfonso per circa 3 mila euro: in cambio avrebbe ricevuto, tra l’altro, un appalto da 20 mila euro.

 La tentata concussione.
 Tra le accuse inedite, c’è la tentata concussione in concorso di cui sono accusati D’Alfonso, Dezio e Dandolo: secondo la procura, avrebbero esercitato «forti pressioni» su due tecnici, componenti della commissione valutatrice dell’appalto degli impianti di calore del Comune «affinché l’appalto venisse preordinatamente assegnato a ditte nominativamente indicate». Di fronte alla resistenza dei due commissari, sarebbe stato prima chiarito che era «desiderio dell’amministrazione» che fosse attribuita la vittoria alle due società, quindi a uno dei due sarebbe stata prospettata la impossibilità di proseguire nel suo ruolo «in modo da fiaccarne la resistenza o estrometterlo dalla commissione».

 Le altre accuse.
 C’è poi la partita relativa alla truffa nell’ambito delle attività di promozione del Comune, che coinvolge uomini dello staff del sindaco e dirigenti: l’obiettivo sarebbe stato far pagare all’amministrazione, insieme alle spese istituzionali, anche spese effettuate dalla Margherita in occasione delle elezioni regionali del 2005 e delle politiche del 2006. A queste, si aggiungono le accuse più recenti mosse a D’Alfonso, relative alla realizzazione dello Huge Wine Glass in piazza Salotto: D’Alfonso, Dezio e il dirigente Vincenzo Cirone devono rispondere di truffa perché avrebbero procurato all’architetto Toyo Ito un ingiusto vantaggio pagandogli 72 mila euro per dibattiti e incontri pubblici «che si sapeva non sarebbero mai avvenuti».