VILLA PINI"Angelini spendeva anche un milione e mezzo al mese"

La procura di Chieti ha impugnato in Cassazione la scarcerazione dell’ex re delle cliniche disposta dai giudici del tribunale del riesame dell’Aquila. I giudici: il tesoro non è stato trovato

CHIETI. In un solo mese riusciva a spendere anche un milione e mezzo di euro. In un giorno ha comprato 40mila euro di sigari. Un tenore di vita alto, molto alto, quello di Vincenzo Maria Angelini che dimostra che il tesoro esiste, anche se non è stato trovato. Con queste argomentazioni la procura di Chieti ha impugnato in Cassazione la scarcerazione dell’ex re delle cliniche disposta giovedì dai giudici del tribunale del riesame dell’Aquila.

Da ventiquattro ore Vincenzo Angelini, indagato per una bancarotta fraudolenta di 200 milioni di euro, è di nuovo libero. Il ricorso destinato ai giudici supremi, ieri, alle 13,30, era già pronto sul tavolo del procuratore capo Pietro Mennini.
«Non sappiamo se e quando Angelini potrà reiterare il reato», hanno scritto i giudici aquilani nei motivi che, giovedì scorso, hanno annullato l’ordinanza della magistratura teatina che il 27 aprile ha disposto gli arresti domiciliari di Angelini. Il tesoro di cui si parla, dicono al tribunale del riesame, in realtà non è stato trovato e quindi l’imprenditore non avrebbe, per così dire, la materia prima per commettere di nuovo il reato di bancarotta fraudolenta. Se il tesoro, invece, fosse stato trovato, sarebbe già stato sequestrato dagli inquirenti. Angelini quindi, secondo il Riesame, non andava arrestato. Ma è proprio su questi «se» che si fondano le argomentazioni del ricorso del procuratore Mennini.
Il tenore di vita di Angelini, che riesce a togliersi persino lo sfizio di comprarsi 40 mila euro di sigari in un giorno, e spendere in un solo mese un milione e mezzo di euro, (fatti riscontrati dai movimenti delle carte di credito), contrasta con le sue aziende sull’orlo del fallimento. Le consistenti spese dimostrano che c’è un fondo, molto ricco, dal quale l’imprenditore può attingere. Soldi, secondo l’accusa, presi da quel tesoro, del quale gli investigatori hanno trovato una piccola parte, grazie alla collaborazione di alcuni cittadini. Denaro speso per sé stesso ma che avrebbe dovuto far parte della massa dei beni del fallimento Villa Pini.

Del resto è lo stesso imprenditore, durante uno dei sette interrogatori ai magistrati di Pescara, (dal 13 maggio al 28 giugno 2008), quando accusa l’ex governatore Ottaviano Del Turco di aver preteso tangenti, che confessa di aver comprato un quadro di Tiziano con i soldi della clinica Villa Pini. «Lo sanno anche in Tibet che ho le mani bucate», rispose al pool di magistrati di Pescara quando gli domandarono che fine avessero fatto i 21 milioni di euro della Novafin, holding delle aziende del gruppo Villa Pini. Un autogol, una ammissione di colpa che denota una tendenza dell’ex re delle cliniche a spendere senza limiti e che viene spifferata ai magistrati di Pescara, dove il grande accusatore parla a tutto tondo. Accusa sé e gli altri. Ma finito sotto inchiesta per bancarotta fraudolenta, Angelini non collabora con la procura di Chieti. Infatti una parte del tesoro viene scoperta dalla Guardia di finanza solo perché un cittadino, che passava per caso in via della Liberazione, dove l’imprenditore possiede alcuni maxi garage, aveva avvertito i carabinieri che davanti alle rimesse c’erano furgoni su cui venivano caricati mobili, preziosi e quadri. Il silenzio dell’ex magnate della sanità, secondo la procura di Chieti, denota che Angelini ha evidentemente qualcosa da nascondere. Non è dello stesso parere la difesa, rappresentata dall’avvocato Sabatino Ciprietti. Il legale sostiene che se il suo assistito avesse avuto qualcosa da nascondere non avrebbe disposto il trasloco di quadri e mobili, alle 8,30 del mattino, alla luce del sole. Le stesse fiamme gialle, però, attraverso riscontri incrociati scoprono che l’ex imprenditore della sanità nei numerosi viaggi a Roma, aveva trasferito in una famosa galleria d’arte, alcune tele preziose affinché venissero vendute. E questo all’insaputa della magistratura.

Venti giorni prima dell’arresto l’imprenditore viene visto da alcuni residenti di viale Europa, alle 23,30, mentre scende dalla sua abitazione. In mano ha qualcosa, forse uno scatolone che ha riposto nel bagagliaio della sua Jeep.

Intanto ieri, a 24 ore dalla sua liberazione, proprio nei garage sotto la casa di viale Europa, dove furono trovati pezzi d’arte, poi sequestrati dalla Finanza, è tornato il movimento. Le saracinesche erano tutte aperte.

© RIPRODUZIONE RISERVATA