BEACH VOLLEY

Battuta a 119 km all’ora, il record di Paolo Nicolai 

«Stagione particolare per me e Lupo, il movimento è in evoluzione»

PESCARA. Dagli Europei di beach volley in Olanda a Pescara; beacher a organizzatore. Week end allo stabilimento balneare Croce del Sud per Paolo Nicolai, promore del torneo di beach volley che vede in campo i migliori under 23 in circolazione fino a stasera.
Un torneo atipico, il “Paolo Nicolai’s Under 23 Challenge” giunto alla seconda edizione, con diverse novità a partire dal «killer point» (in caso di 20-20, la squadra che farà il ventunesimo punto sarà la vincitrice) e il «tie break a tempo» (10 minuti che decideranno, allo scadere, chi tra le due squadre sarà stata la più forte). A bordo campo c’è proprio lui, Paolo Nicolai, il 29enne ortonese che, con Daniele Lupo, rappresenta la punta di diamante del movimento italiano.
Nicolai, Europeo con eliminazione ai sedicesimi di finale. Deluso?
«Abbastanza, ma va detto che si tratta di un torneo: è andato male per via di una serie di fattori. Qualche giorno primo siamo saliti sul podio a Gstaad nella Major del World Tour; in Olanda, invece, siamo usciti prima del previsto. Tante cose hanno inciso. Di sicuro c’è grande equilibrio. Si arriva spesso ai vantaggi o al tie-break, a volte va bene e a volte va male. I dettagli fanno la differenza, oggi più che mai ad alti livelli. Noi, tra l’altro, abbiamo pagato il fatto di essere arrivati in fondo al torneo in Svizzera terminato un paio di giorni prima dell’Europeo in Olanda».
La stagione è stata condizionata dall’infortunio di Lupo?
«E’ inevitabile. Daniele si è rotto una caviglia, a marzo. Quindi ad aprile e maggio siamo stati fermi, abbiamo rigiocato a giugno. Sono cose che ci stanno, ma che comunque si pagano nel corso della stagione».
Parlava di livellamento verso l’alto.
«Oggi non c’è una coppia come poteva essere quella brasiliana composta da Bruno e Alison che nel 2016 aveva qualcosa in più. Credo che le coppie europee abbiano compiuto un salto di qualità, colmando il gap con i sudamericani e gli americani. Ad esempio, l’Italia fuori dai confini non era granché; adesso ci sono più coppie che, invece, sono competitive in campo internazionale. Siamo cresciuti noi, ma anche la Germania, la Russia e altri Paesi».
A Gstaad ha stabilito il record di velocità nei tornei del World Tour. Ha battuto a 119 km/h.
«Sì, è accaduto nel torneo in Svizzera che abbiamo chiuso al terzo posto. Mi è venuta così. Magari in altre occasioni avrò anche battuto più forte, ma quella volta eravamo sul campo centrale dove c’è il rilevamento della velocità ed ecco che è stato cristallizzato il record (il precedente apparteneva a un russo, 114 km/h, nel 2008, ndr). Abbiamo chiare indicazioni dai tecnici di forzare la battuta, rischiamo molto, perché così facendo c’è la possibilità di incidere sul risultato».
Prossimi appuntamenti?
«A Vienna, per un torneo 5 stelle, e a Mosca, per un torneo 4 stelle. Nei Major (i tornei che assegnano i punteggi più alti per la classifica del World Tour) siamo andati bene finora, un secondo posto a Miami e un terzo a Gstaad. Speriamo di continuare così per poter migliorare il settimo posto attuale nella graduatoria generale».
Soddisfatto di questo settimo posto?
«E’ un piazzamento relativo perché comunque abbiamo due tornei in meno degli altri per via dello stop per l’infortunio di Daniele Lupo».
L’obiettivo?
«L’obiettivo ogni volta è vincere. E’ l’ultimo sprint, prima del torneo in Cina di qualificazione olimpica in programma a ottobre».
Come si arriva a Tokyo 2020?
«In base alla graduatoria stilata con i dodici migliori risultati dei tornei da ottobre di quest’anno fino a maggio-giugno 2020».
La testa è già a Tokyo?
«No, ma i Giochi sono il clou del quadriennio olimpico. La missione è Tokyo dove ci sarà la chiusura del cerchio. Però, nel frattempo ci aspettano due europei e un mondiale (Amburgo). Ci sarà tanto da sudare».
A quasi 30 anni quali sono i margini di miglioramento?
«A questa età si comincia a mettere a frutto l’esperienza, sai che cosa ti aspetta e quindi sei preparato. Gestiamo meglio i momenti difficili».
Beacher e organizzatore.
«Siamo al secondo anno con il torneo under 23. Per una questione di tempo quest’anno abbiamo concentrato tutto a Pescara. Stiamo sperimentando qualche novità per vedere l’effetto che fa».
Lei che cosa cambierebbe?
«Poco, perché uno sport che cambia tanto perde la propria identità. Toglierei le pause, questo sì, sono troppe. La partita diventa noiosa, non solo nel beach volley».
A settembre l’Italia del volley giocherà i Mondiali in casa?
«Mi auguro che conquisti una medaglia per il bene del movimento. Sarebbe una spinta per tutta la pallavolo azzurra».
Il 9 agosto, invece, l’Impavida festeggerà i 50 anni di attività.
«Ne ho vissuti una trentina in prima persona, papà (Rino, ex giocatore e ora medico sociale, ndr) quasi tutti. Da quando sono nato il sabato è pallavolo. E’ un qualcosa che sta nel Dna di un ortonese. L’Impavida è la squadra di Ortona, l’orgoglio della città».
@roccocoletti1.

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