il presidente

Campitelli: l'Ascoli doveva salire in B

Dirigenti e giocatori con i telefonini spenti, nessuno ha voluto commentare la sentenza d'appello

TERAMO. È stato un rito collettivo, quasi religioso. Una specie di vegliaportata avanti con il fiato sospeso, come quelle di chi aspetta fuori dal reparto di rianimazione per sapere se un proprio caro ce la farà o no. Circa duecento tifosi – non gli ultrà, che hanno scelto da tempo la linea dura e pura del distacco fino all’ufficialità della sentenza – ha atteso il verdetto definitivo allo stadio Bonolis insieme alla squadra che aveva svolto l’allenamento e, soprattutto, insieme a Luciano Campitelli.

Un po’ in tribuna, un po’ sparsi sul terreno di gioco mentre la luce del giorno si spegneva, i fedelissimi del Teramo sono passati dalla strana fiducia che regnava in città in questi ultimi giorni («Sarà serie B a meno 4», sentenziavano i soliti “so-tutto-io”) alla preoccupazione (intorno alle 20 si sono cominciate a diffondere voci di Lega Pro) per poi piombare nella disperazione quando, al calar delle tenebre, Campitelli ha ricevuto una telefonata e, chiuso il cellulare, ha detto con un filo di voce a chi gli stava intorno: «Lega Pro e meno sei». Poi, affranto, si è andato a sedere in panchina. E la notte che scendeva sul Bonolis è diventata più buia che mai, anche se l’ufficialità sarebbe arrivata solo dopo.

Più tardi, al telefono, Campitelli – che nel frattempo aveva lasciato lo stadio – ha risposto assicurando innanzitutto di stare bene (in città si era sparsa la voce di un malore del presidente) ed ha aggiunto subito: «Non me la sento, l’intervista stasera non la faccio... Grazie». Fine della comunicazione. Poi, però, l’Ansa avrebbe battuto le seguenti dichiarazioni di Campitelli: «Si è capito tutto, se proscioglievano me il Teramo era in B. Io sono una delle persone più serie d'Italia, forse il calcio non merita persone serie. Il Catania si è comprato sei partite ed è a meno 9. Non si può distruggere così una persona». E alla domanda su cosa farà adesso con il Teramo risponde: «Non lo so cosa farò. Rimettere solo soldi per poi essere trattato così... Io sono stato trattato come uno dei peggiori presidenti del calcio italiano. Sto andando in crisi. Sono distrutto, non ho mai imbrogliato nessuno. Si è capito che l'Ascoli doveva salire».

E gli eroi della B? Impossibile parlare con qualcuno della squadra. Il telefono di Vincenzo Vivarini era spento e i giocatori contattati non hanno voluto rilasciare dichiarazioni.

Nella notte che avanzava la grande domanda, tra tifosi e addetti ai lavori, è dunque diventata: ma Campitelli, adesso, la fa o non la fa la Lega Pro? In realtà la sentenza di ieri marca una differenza fondamentale con la retrocessione in D, e Campitelli lo sa bene: il Teramo conserva il parco giocatori. In realtà l’imprenditore di Canzano non ha scelta, se non vuol passare alla storia come colui il quale – oltre a firmare insieme al suo ds una condanna per illecito sportivo che è un inedito in 102 anni di calcio a Teramo – ha segnato la fine traumatica del calcio in città: deve nominare urgentemente un amministratore che faccia il mercato la prossima settimana e mettere in campo una squadra di Lega Pro in grado di fare almeno 50 punti per salvarsi senza passare dai play out. Certo, il fatto che Campitelli causa inibizione non possa fare per tre anni le cose che erano il suo pane quotidiano da molto tempo a questa parte avrà il suo peso. È possibile che il patron decida di mollare in modo soft, mettendo in vendita la società. Qualcuno lo vorrà, questo Teramo marchiato d’infamia e con una piazza distrutta?

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