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Caporetto Italia, quanti errori. E lo sfogo di De Rossi diventa simbolo / VIDEO

Il centrocampista: "Volevo che entrasse un attaccante". Ventura non si dimette, ma inizia la caccia al Ct

MILANO. «Mi scuso se ho offeso Brignardello, non ce l'avevo con lui...». Così il giorno dopo di Italia-Olanda che ha sancito la mancata quailificazione degli Azzurri ai Mondiali in Russia, Daniele De Rossi spiega la sua lite in panchina, con uno dei preparatori che gli aveva chiesto di scaldarsi durante la partita. Uno sfogo che non è passato inosservato all'occhio delle telecamere della Rai e nel quale si vede bene quanto il centrocampista si sia arrabbiato con l'assistente di Ventura quando a metà secondo tempo gli dice di togliersi la tuta.

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De Rossi spalanca gli occhi e dice: "Ma che c'entro io? Fai entrare Insigne, ci vuole un attaccante". "Sono venti anni che giro per Coverciano, io volevo passare e voglio sempre giocare - spiega a RaiSport -. Ci scaldavamo a tre a tre, quando lo hanno chiesto a me ho indicato Insigne, lamentando che dovevamo vincere e non pareggiare. Ho dato un'indicazione tattica che non mi spetta, mi scuso. Ma se chiamato sarei entrato".

ITALIA ANNO ZERO: che negli annali del calcio azzurro sia destinato a esserci un prima e un dopo lo spareggio fallito per i Mondiali del 2018 è scontato. Ma per parlare di rifondazione, tutti ora dicono che sarà necessario partire dagli errori: il primo, evidentemente, è stato, da parte della Figc, la scelta e la successiva gestione di Ventura. Ma il problema non è certo solo il commissario tecnico. «Avevamo una malattia grave, l'abbiamo curata con la tachipirina...», dice in via anonima uno dei dirigenti azzurri. Il primo biennio di Prandelli e la gestione Conte - così come i progressi europei della Juve - hanno nascosto i mali del calcio italiano. Ora, sottolinea Sacchi, scaricare tutto su Ventura configura il rischio opposto, quello di un capro espiatorio che lavi la coscienza. Eppure dagli errori del ct, ufficialmente ancora in carica, bisogna partire per un breviario della crisi che sia anche vademecum per la rifondazione.

VENTURA: le mancate dimissioni indicano innanzitutto l'incapacità di comprendere la portata epocale dell'eliminazione, (non ha prezzo nè buonuscita che tenga), e non è una vicenda da gestire come un semplice esonero di club. Ha puntato sui giovani ma si è fatto 'indicarè il cambio tattico dai veterani dopo la Spagna. Ha rivendicato esperienza personale e identità di squadra, ma l'Italia non ha mai brillato, se non contro quelle nazionali un tempo definite «materasso». Sui singoli ha tante volte cambiato rotta: Insigne lo ha prima lasciato perplesso, poi convinto in funzione modulo 4-2-4, infine è rimasto ai margini. Jorginho, recuperato all'ultimo dopo diverse bocciature, è stato impiegato senza mai prove precedenti nella gara più importante, (e si è così definitivamente incrinato il feeling con De Rossi). Errori magari non decisivi ma indicativi. E nello spogliatoio di San Siro, dopo la disfatta, la scena raccontata da chi era presente era chiara: i giocatori da una parte, Ventura dall'altra. Più un ospite che un ct, per dirla con Cairo.

IL NUOVO CT: cambiare rotta a brevissimo è impossibile, serve un tecnico in grado di dare l'impronta. Ancelotti è bravissimo, assicura Sacchi, ma ammesso che decida di dire no a lusinghe e soldi di tanti club «bisognerà supportarlo». Conte è il sogno, c'è il vincolo economico della clausola Chelsea. Mancini aspetta. Allegri sarebbe perfetto, ma solo se la Juve dovesse chiudere il suo ciclo. Per l'immediato, facendo di necessità virtù, Di Biagio traghettatore non è da escludere