Ciclismo sotto shock, Froome positivo alla Vuelta

Sotto accusa il salbutamolo, il campione si difende: "Curavo l'asma". Ma ora la sua carriera da numero uno è a rischio

ROMA. L'ombra del doping cala sul più grande dei ciclisti in attività. Chris Froome, il 32enne britannico nato in Kenya, vissuto in Sudafrica, e diventato campione in Europa, che corre dall'età di 14 anni, deve affrontare la salita più insidiosa, difendersi dall'attacco più duro, quello sferrato dalla chimica, dalle provette e dai sospetti sempre difficili da fugare, specie quando riguardano il ciclismo. Nei campioni di urina prelevati il 7 settembre, alla 18esima tappa della Vuelta, il Giro di Spagna, che Froome poi ha vinto in maniera trionfale, i laboratori antidoping hanno infatti rinvenuto tracce doppie rispetto al consentito di salbutamolo, una sostanza presente in un medicinale antiasmatico. Immediate controanalisi e riscontro identico. Da qui la richiesta di convincenti spiegazioni al campione e al suo team Sky da parte della federciclismo internazionale. Nell'attesa, proprio per il tipo di sostanza incriminata, per Froome non scatterà la sospensione provvisoria: la Uci vuole capire meglio cosa è accaduto realmente. L'interessato si è difeso subito: «Conosco e ho sempre rispettato le regole, tutti sanno che soffro di asma, non ho superato i dosaggi di medicinale, sono pronto a rispondere a ogni richiesta di spiegazioni. Uso un inalatore per gestire i miei sintomi (sempre entro i limiti consentiti) e so per certo che verrò testato ogni giorno indossando la maglia del leader della corsa». Per il britannico vincitore di 4 degli ultimi cinque Tour alla maniera dei grandi del passato, e alla guida di una delle più forti squadre del mondo, è un terremoto che mette a rischio una carriera da numero 1.