Cosenza è un campo tabù: 21 anni fa l’ultimo colpo 

Esposito e Gelsi: «Lì servono aggressività, agonismo e carattere per vincere»

PESCARA. Spesso le qualità tecniche non bastano per vincere le partite, figuriamoci nei campi caldi del sud. In certi stadi, l’agonismo e la determinazione sono imprescindibili per portare a casa i tre punti. Tra questi c’è il San Vito-Marulla di Cosenza, dove il Pescara sarà di scena domenica alle ore 15. La tana dei lupi, un luogo tradizionalmente ostico per il Delfino inaugurato il 4 ottobre 1964 proprio in una sfida contro i biancazzurri terminata 2-1 per i calabresi. Originariamente l’impianto si chiamava San Vito e dal 21 settembre 2015 ha assunto la denominazione attuale dopo la morte di Gigi Marulla, ex bomber rossoblù deceduto a soli 52 anni. Prima di quella gara del torneo di C ’64-65, i silani giocavano le partite casalinghe allo stadio Emilio Morrone, dove il Pescara è sceso in campo cinque volte racimolando la miseria di due punti (2 pari e 3 ko). All’undici di Luciano Zauri servirà un’impresa per vincere in casa del Cosenza, che nelle gare in casa contro il Delfino ha uno score favorevole: 13 successi, 11 pareggi e appena 3 vittorie dei biancazzurri in 27 gare. Il primo scontro nel 1947 in serie B finisce 0-0. Da allora, altri nove match senza exploit degli ospiti. Al decimo tentativo, il 10 maggio del 1970, il Pescara spezza la maledizione imponendosi di misura grazie a un gol di Bruno Cicogna, ma la gara si gioca a Castrovillari. Poi altri cinque ko di fila del Delfino; l’ultimo, il 24 settembre 1989, provoca l’esonero di Ilario Castagner sostituito da Edy Reja. In seguito inizia un trend positivo per il Pescara che dal 1990 al 2000 resta imbattuto in Calabria: 8 pareggi e 2 vittorie. Il primo exploit della storia nello stadio cosentino lo firmano Andrea Carnevale e Giuseppe Compagno il 5 giugno 1994. Al San Vito la squadra di Giorgio Rumignani conquista tre punti d’oro ed evita la retrocessione in C grazie alla classifica avulsa (allo spareggio vanno Acireale e Pisa, con i siciliani salvi ai rigori). Quasi quattro anni e mezzo più tardi, il 29 novembre 1998 a Cosenza, il secondo pomeriggio memorabile per il Delfino che cala il pokerissimo: 5-1 con doppietta su rigore di Michele Gelsi e un gol a testa di Mauro Esposito, Giovanni Pisano e Francesco Galeoto. A fine gara il Cosenza licenzia Giuliano Sonzogni chiamando al suo posto Walter De Vecchi. È il Pescara di Gigi De Canio che a fine torneo fallisce la promozione in A per un solo punto. Gelsi ed Esposito ricordano alla perfezione quella sfida. «Eravamo un gruppo forte», dice Gelsi, «abbiamo giocato a viso aperto con aggressività, alzando subito i ritmi e mettendo alle corde gli avversari. Lo stesso dovrà fare il Pescara domenica, in questa fase non serve fare calcoli, bisogna provare a vincere». Esposito, allora 21enne, realizza il gol del momentaneo 1-0. «Una prestazione impeccabile», racconta l’ex bomber, ora tecnico delle giovanili biancazzurre, «siamo andati a Cosenza consapevoli della nostra forza. Nei campi del sud è possibile subire condizionamenti dall’ambiente e provocazioni dagli avversari. Bisogna essere preparati. Noi non avevano problemi di questo tipo, in squadra c’erano giocatori di spessore a livello caratteriale, come Gelsi, Terracenere e tanti altri. Il Pescara di Zauri ha qualità tecniche superiori, ma domenica per vincere dovrà tirare fuori cattiveria agonistica e determinazione». L’ultimo ko del Delfino a Cosenza risale al 2009: 2-1 con reti di Domenico Danti e Stefano Fiore, ex compagno di squadra di Zauri nella Lazio. Infine, il pareggio dello scorso campionato (1-1, 30 ottobre 2018), quando l’attuale centravanti biancazzurro Riccardo Maniero firma l’illusorio vantaggio del Cosenza e all’89’ Luca Crecco di testa ristabilisce la parità con il pallone che balla sulla linea di porta. L’arbitro lo vede dentro, il pubblico di casa s’infuria, l'allenatore rossoblù Piero Braglia e il ds Stefano Trinchera esagerano con le proteste e rimediano l’espulsione. Ci si vede domenica, sarà un’altra battaglia, c’è da scommetterci.
Giovanni Tontodonati
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