Di Vincenzo e Biondi,  le ferite aperte di una favola 

Era un martedì: la mattina del 10 dicembre 1996 lo schianto mortale in Umbria  dei due calciatori del Castel di Sangro al primo anno in serie B

Era un martedì mattina di 22 anni fa. Il terribile schianto e quella drammatica telefonata arrivata in sede dai carabinieri. «Avete due giocatori che si chiamano Danilo Di Vincenzo e Filippo Biondi? Mi dispiace, sono morti in un incidente stradale». Dall’altra parte del telefono c’è Maria Teresa Rezza in Gravina allora moglie del presidente del Castel di Sangro dei miracoli, oggi capo della Figc. Quella telefonata, quel botto e quella tragedia hanno marchiato a fuoco una favola calcistica e spezzato due giovani vite. Era il 10 dicembre 1996 e i giallorossi erano attesi al Patini al pomeriggio per la ripresa degli allenamenti dopo la sconfitta di Venezia.
La squadra arrancava, faceva fatica a fare punti. L’inebriamento per la promozione in serie B aveva lasciato lo spazio agli stenti di una classifica scarna. E quella telefonata ha tolto il sorriso a tutti, distribuendo lacrime e dolore. Di certo, ai castellani che non hanno mai dimenticato quei ragazzi. A loro è dedicata una statua posata all’ingresso dello stadio Patini. Ogni anno, il 10 dicembre, vengono ricordati con una messa in suffragio alla chiesa di San Giovanni Battista. Filippo Biondi era di Figline Valdarno, vicino a Firenze, aveva 19 anni. Alle spalle qualche spezzone di partita in serie B e tanta Primavera con la maglia della Pistoiese. A Castel di Sangro l’aveva portato Leandro Leonardi, il ds giallorosso, che in precedenza aveva lavorato a Pistoia e l’aveva conosciuto. Era giunto a parametro zero, una scommessa. Un rincalzo da far crescere senza pressioni, tant’è che fino a quel 10 dicembre aveva collezionato appena qualche spezzone. Diverso il discorso per Danilo Di Vincenzo.
Aveva 28 anni e si stava giocando la chance della vita. Bomber di serie C alla prima stagione in B. Un’altra scommessa voluta da Leandro Leonardi e dal patron Gabriele Gravina. Di Vincenzo era un romano che si era fatto volere bene prima all’Aquila e poi a Giulianova, aveva appena conquistato la promozione in C1 con i giallorossi di Giorgini. Era l’idolo della curva del Fadini. Aveva segnato 30 gol nelle ultime stagioni, uno dei cinque calciatori più prolifici con la maglia del Giulianova. Ormai aveva perso la speranza del grande salto in un calcio diverso da quello di oggi.
Leonardi ci mise l’idea e Gravina i soldi andando a comprare Di Vincenzo dal Giulianova. Nelle prime undici giornate di serie B tre vittorie interne (per modo di dire visto che con il Patini in ristrutturazione, i sangrini giocavano all’Angelini di Chieti) due firmate proprio da Di Vincenzo: un rigore nell’1-0 col Cosenza, un gol sugli sviluppi di un corner addirittura a Zenga nell’1-0 col Padova. Buon inizio, ma il terzo gol non arriverà mai perché l’incidente sull’Autosole in un triste martedì di dicembre se lo porta via. Muore con lui il terzino mancino Filippo Biondi, due sole presenze e una carriera ancora da scrivere. Quella mattina Danilo Di Vincenzo guidava la Golf di Biondi. Di Vincenzo si era fermato a Firenze dove c’era la fidanzata, mentre Biondi era tornato a casa. Viaggiavano in autostrada. Lo schianto in Umbria, sul territorio di Attigliano, la macchina va fuori strada e termina la corsa contro un autoarticolato fermo. Un impatto tremendo. Una tragedia che sconvolge Castel di Sangro e il calcio italiano. I funerali in paese, uno strazio con una partecipazione popolare fuori dal normale. La prima partita dopo la tragedia è un Castel di Sangro-Lucchese.
All’inevitabile 0-0 al Patini fanno da cornice le due magliette di Biondi e Di Vincenzo, al resto della stagione farà da cornice la voglia della squadra di dedicare la salvezza a qualcuno che non c’è più. Obiettivo centrato: per Pippo Biondi e Danilo Di Vicenzo. Sono trascorsi 22 anni, ma il loro ricordo è ancora vivo in chi ha avuto il piacere di conoscerli.
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