Dumoulin cade, si ferma? 

Una caduta innesca cambiamenti inattesi in classifica. Volata a Carapaz

FRASCATI. Lunedì il veleno e la suspense, con l'annullamento dello sprint vincente di Viviani e relativa assegnazione della vittoria a Gaviria, ieri il sale nella coda di una tappa che poteva e doveva essere di 'trasferimento’. Fra l'Argentario e i Castelli Romani, da Orbetello e Frascati, era previsto un volatone in leggera salita, dopo la solita fuga da lontano (Frapporti, Maestri e Cima della Nippo Vini Fantini: vantaggio massimo 12'20”, ripresi a una decina di km dall'arrivo). Invece, in un finale caratterizzato da una pioggerella autunnale, con il manto stradale insidiosissimo, accade di tutto. Anzi, di più. Salvatore Puccio, quando mancano circa 6 km all'arrivo, si distrae per un attimo e innesca una caduta che provoca un terremoto. Un mammasantissima, Tom Dumoulin, finisce sull'asfalto, altri perdono secondi preziosi. Non solo sprinter tagliati fuori, ma anche gente che ambisce alla maglia rosa di Verona. Due rivoluzioni al 102° Giro d'Italia: una nella corsa allo sprint, una nella lotta per la classifica generale dal momento che, nel gruppetto in vetta alla corsa, si ritrova quasi per caso Primoz Roglic, la maglia rosa, e dietro tutti a inseguire: da Simon Yates a Nibali, da Lopez allo spagnolo Landa, che è il più attardato. Il conto lo paga Dumoulin, che giunge sul traguardo a 4'04” e con un vistoso taglio sul ginocchio sinistro, da dove esce copioso il sangue. L'olandese ha tante ammaccature e molta voglia di fermarsi. Deciderà oggi. A Frascati, oltre a Roglic, fa festa pure Richard Carapaz, che scatta negli ultimi metri, sorprende Diego Ulissi e resiste al tentativo di rimonta di Caleb Ewan, uno dei pochi velocisti rimasti in lizza (poco prima anche Elia Viviani aveva perso contatto con i battistrada), vincendo a braccia alzate. Il ritardo di Nibali è di 18”, con lui anche Bob Jungels, Simon Yates, il fido Damiano Caruso, ma non Domenico Pozzovivo, anche lui a terra e con un polso gonfio da valutare, come usano dire i medici delle squadre di calcio. La strada ridisegna una corsa a eliminazione, come si conviene a un grande giro che si snoda nell'arco di tre settimane e riserva trappole, insidie, pericoli di ogni genere. Dumoulin, così come era avvenuto a Bologna nella crono iniziale, subisce un altro clamoroso ko. Questa volta più fragoroso e non senza conseguenze. Perché, anche se dovesse ripartire, proseguendo la propria avventura sulle strade italiane, non sarà facile portarsi addosso un fardello di oltre 4' di ritardo da Roglic.
«Non so bene cosa sia successo, perché con l'ammiraglia eravamo dietro alla corsa», le parole di Michiel Elijzen, uno dei ds della Sunweb, la squadra del vincitore del Giro 2017. «Tom (Dumoulin, ndc) ci ha detto che aveva male al ginocchio, che non riusciva a piegare bene la gamba e a spingere sui pedali; per questi motivi ha perso tanto. Vedremo come si sentirà, poi decideremo il da farsi. Per il morale è stata una brutta botta: eravamo qui per vincere il Giro, dopo quattro tappe ci ritroviamo a più di 4'30” dalla maglia rosa. Non possiamo essere felici. Continueremo a lottare giorno per giorno, magari per vincere una tappa: con Tom o con uno dei nostri. Poi, sulle montagne, può accadere tutto».
È vero che l'olandese vola a cronometro, ma Roglic non è tipo da accusare grandi ritardi nelle sfide contro il tempo. E poi, non ultimo, c'è l'aspetto psicologico da tenere in conto: Dumoulin è apparso con il morale sotto i tacchi e poca voglia battagliare. Qualcosa di simile accadde ai piedi della salita per il Blockhaus a Geraint Thomas e Mikel Landa nel Giro 2017. Il britannico sembrava avere le carte in regola per trionfare a Milano, invece dopo qualche giorno alzò bandiera bianca, dopo la caduta. Cattivi presagi anche per Dumoulin.
Adolfo Fantaccini