Epifani: «Tanta sfortuna, ma ora sono più forte» 

Il tecnico della Primavera parla della sua breve esperienza in prima squadra: «Mai detto che Zeman ha lasciato disastri, ad Avellino la gara dei rimpianti»

PESCARA. Sognava quella panchina da quando è diventato allenatore. La gavetta al Miglianico, poi il San Nicolò, infine la Primavera del Pescara. Un percorso breve ma intenso, dove Massimo Epifani ha dimostrato le sue capacità. Un giovane promettente che Daniele Sebastiani ha voluto nelle giovanili del Delfino. Lo scorso marzo, dopo l’esonero di Zdenek Zeman, la grande occasione per l’ex centrocampista biancazzurro, pescarese doc e grande tifoso del Pescara.
Il compito era tutt’altro che agevole. La società gli ha affidato un gruppo logorato dai continui litigi tra il presidente e il boemo. Un onere forse eccessivo per un allenatore esordiente lanciato nella mischia in un clima di alta tensione. Ma Epifani ha accettato la sfida lavorando giorno e notte per cercare di dare la sua impronta. Qualche segnale c’è stato, ma i risultati non gli hanno dato ragione. Così, l’avventura è finita dopo 5 partite (un pari e 4 ko). Al suo posto è arrivato Bepi Pillon che ha portato in salvo il Pescara, seppure all’ultima giornata.
Epifani, cosa le resta di questa avventura?
«Purtroppo è andata male, ma per me è stata un’esperienza utile. Dalle situazioni negative si impara sempre qualcosa e i momenti difficili fanno parte della carriera di un allenatore».
Qual è stata la causa del rendimento negativo?
«Ho commesso alcuni errori e c’è qualcosa che non rifarei. Non mi va di elencarli, ma farò tesoro dei miei sbagli e in futuro, quando avrò altre occasioni, non sarò recidivo. Comunque ringrazio Sebastiani e tutta la società per la grande chance».
Cosa le ha fatto più male?
«Quando la mia avventura è finita ho vissuto un brutto periodo. Ero molto deluso, soprattutto perché sono pescarese e da sempre amo i colori biancazzurri. Più che le critiche sul piano tecnico-tattico, mi ha fatto male sentirmi dire di essere presuntuoso. Chi mi conosce sa che non lo sono».
Forse si riferivano alle frasi su Zeman?
«Non so, però colgo l’occasione per fare alcune precisazioni. Non ho mai detto che il boemo ha lasciato una situazione disastrosa. Non mi sarei mai permesso, tant’è che il suo esonero non è stato dettato da motivazioni tecniche. Zeman è parte della storia del calcio. Ho solo detto di aver ereditato una situazione pesante a livello mentale».
Parole sacrosante, non era facile per nessuno sostituire il boemo. Ma perché ha cambiato modulo?
«Ho pensato di dare maggiore forza alla fase difensiva. È vero che prima che arrivassi la squadra non aveva subìto tanti gol, ma quando il pallone arrivava nella nostra area c’era sempre troppa apprensione. Rifarei quella scelta, secondo me bisognava giocare con il 3-5-2, anche perché pensavo di poter recuperare Bovo e Campagnaro in tempi brevi. Con loro avrei messo le cose a posto».
Diciamo che anche la buonasorte le ha voltato le spalle.
«Sì, soprattutto ad Avellino. Meritavamo di vincere, invece abbiamo rischiato addirittura di perdere. Se avessimo portato a casa i tre punti, ci sarebbe stata la svolta, ne sono certo. Una vittoria ci avrebbe dato tanta convinzione. Poi le gare contro Parma ed Empoli, che alla fine sono andate in A. Con i ducali abbiamo preso il gol dello 0-2 in fuorigioco subito dopo aver sfiorato l’1-1, mentre i toscani hanno creato davvero poco. Oppure l’occasione di Cocco nel finale a Brescia. Mi capita ancora oggi di rivivere alcune gare».
Ha smaltito la delusione ?
«Sì, anche grazie ai ragazzi della Primavera che mi hanno riaccolto con grande affetto. E per questo non finirò mai di ringraziarli. Ora sono più forte di prima».
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