Formicone ha vinto tutto Ecco il Ronaldo delle bocce 

«Ho iniziato a sette anni dietro casa, ora riesco a vivere con questo sport»

PESCARA. Per capire il motivo per cui lo chiamano il Ronaldo delle bocce basta dare un’occhiata alla sua sala dei trofei. Un palmares sterminato al quale Gianluca Formicone ha aggiunto il titolo che mancava, quello mondiale individuale nella specialità Raffa conquistato il 10 marzo scorso a San Miguel de Tucuman, in Argentina. Ora si può dire che ha vinto tutto in carriera. Per il 48enne di Notaresco questi sono giorni trascorsi tra una festa e l’altra. Quella ufficiale che gli sta organizzando il Comune è in programma il 17 aprile. Se la gode Gianluca Formicone, un’eccellenza dello sport abruzzese. Lui - imprenditore e titolare anche di una linea di bocce e di abbigliamento personale - sta raccogliendo in termini di popolarità quanto seminato nel corso degli anni sui campi di bocce.
Formicone, il suo indice di popolarità è schizzato.
«Vero, mai come adesso».
Ormai ha vinto tutto.
«Ma non ho intenzione di fermarmi. Con la squadra di club, il Caccialanza Milano, siamo in testa alla classifica del campionato di serie A e poi lotteremo nei play off per conquistare i titolo italiano. E sono in testa alla graduatoria individuale che vorrei aggiudicarmi per la 14ª volta in carriera».
Come si nasce giocatore di bocce?
«Ho iniziato a sette anni, dietro casa mia, con le bocce di legno. Poi, mio padre mi ha portato al bocciodromo di Notaresco, vicino casa. E da lì è iniziata la scalata. A dieci anni già vincevo gare».
E a 48 anni ha conquistato il titolo di campione del mondo?
«Ci tenevo, ero tra i favoriti e la pressione era enorme. In Argentina, poi, i campi non erano il massimo. E poi il virus intestinale che ha debilitato molti atleti... Non è stato facile».
Lei invece?
«Ho mantenuto le mie abitudini. Sono piuttosto meticoloso. Cerco di fare sempre le stesse cose».
Scaramantico?
«Abbastanza. Ho certi riti che ripeto».
Come si diventa il migliore?
«Si vince con la testa. Con la grande concentrazione. Certo, anche con il braccio. Ma il braccio è comandato dalla testa».
E la tattica?
«Certo, è fondamentale».
A chi ha dedicato il titolo mondiale?
«Ai miei genitori, che non ci sono più, e alla famiglia».
Si riesce a vivere giocando a bocce?
«C’è una cerchia ristretta di atleti di interesse nazionale che usufruisce dei contributi dalla federazione. Poi, chi gioca in serie A percepisce un ingaggio. E, infine, ci sono i premi in denaro dei tornei individuali».
La chiamano anche il computer.
«Sì, è stato un mio compagno di squadra a darmi questo nomignolo, per l’abilità nell’accostamento alla boccia».
E poi c’è la storia delle due gare vinte in 24 ore. Come è andata?
«Ogni anno a Cremona c’è una gara in notturna. Inizia alle ore 18 e va avanti fino alle 4, le 5 del mattino successivo. E’ bello, perché si gioca sulla riva del Po e c’è tanta gente a vedere lo spettacolo. Ebbene quella volta abbiamo finito a notte fonda, siamo tornati in albergo e ci siamo messi in macchina, io e il mio compagno, direzione Cagli, nelle Marche, per una gara che sarebbe iniziata alle 9 del mattino. Siamo arrivati cinque minuti prima, giusto in tempo. E abbiamo vinto anche quel torneo».
Se lei è Ronaldo chi è Messi?
«Ogni anno c’è un avversario diverso. Penso che il mio attuale compagno di coppia, Luca Viscusi, possa avere un futuro luminoso».
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