Fraile, la vittoria del coraggio sulle strade di Bartali

Lo spagnolo attacca sull’Appennino tosco-emiliano Settimo l’abruzzese Cataldo. Dumoulin resta in rosa

BAGNO DI ROMAGNA. Fosse stato ancora vivo, “Ginettaccio” Bartali si sarebbe davvero divertito, vedendo brulicare di corridori le strade dell'Appennino tosco-emiliano. Nella tappa dedicata al leggendario campione toscano, partita da Ponte a Ema, la località che gli diede i natali, ha vinto il corridore più meritevole, Omar Fraile. Lo spagnolo ha dato battaglia fin dal 50° chilometro, partendo a tutta e trascinandosi il connazionale Mikel Landa, pure lui fra i protagonisti di giornata. Normale che la vittoria di tappa andasse a lui, che più di tutti ha creduto fino all'ultimo metro di poterla conquistare. Fraile conosce bene le strade che hanno ospitato l'11ª tappa del Giro d'Italia numero 100, per avere vinto il Giro dell'Appennino nel 2015, precedendo nella classifica finale di un solo secondo Stefano Pirazzi e di 2” Damiano Cunego.
Ma non solo: la sua naturalezza sui pedali quando la strada comincia a salire viene confermata dai successi nella classifica degli scalatori alla Vuelta di Spagna sia nel 2015 che nel 2016. Un vero fenomeno, insomma. In due dei quattro Gpm di giornata, Fraile è transitato in testa alla corsa, negli altri due si è classificato secondo e terzo.
Piazzamenti che gli hanno permesso di indossare la maglia azzurra di leader della classifica degli scalatori. E con pieno merito. Tom Dumoulin ha conservato la maglia rosa indossata martedì, al termine della cronometro fra i vigneti del Sagrantino, da Foligno e Montefalco. L'olandese, che a un certo punto della corsa è apparso in leggera difficoltà, anche per la penuria di compagni a supporto, dopo avere tagliato il traguardo, è apparso visibilmente soddisfatto ed esultante. Sa di avere superato indenne una delle tappe più complicate del Giro e ha conservato la maglia rosa con una certa consapevolezza dei proprio mezzi, limitando i rischi. Lo aveva detto alla partenza da Firenze, Dumoulin, che ieri ci sarebbe «stato da soffrire», che quella di ieri era «una tappa pericolosa», perché forniva lo spunto per ogni tipo d'imboscata. E, infatti, a 26 km dal traguardo, il gruppo è letteralmente esploso e sono cominciati gli attacchi, quelli veri, di chi punta alla maglia rosa a Milano: prima Nibali, uno che quando c'è da smuovere le acque non si fa pregare, ha accelerato nella salita del Monte Fumaiolo, sostenuto dal fido Pellizotti; poi è partito Pinot.
Gli attacchi a ripetizione in testa al gruppo dei big hanno messo in difficoltà Dumoulin, ma soprattutto provocato due “vittime” eccellenti, come il britannico Geraint Thomas e l'olandese Steven Kruijswijk, che alla fine hanno accusato un ritardo di una cinquantina di secondi dalla maglia rosa, sprofondando ulteriormente in classifica. Bene l’abruzzese di Miglianico Dario Cataldo, settimo al traguardo.
E Quintana? Ha preferito restare a ruota, confermandosi scarsamente propenso alle iniziative personali in tappe come quella di ieri. Provare è sempre meglio che aspettare, un ragionamento che avrebbe fatto sorridere anche uno come Bartali, che preferiva l'attacco a qualsiasi strategia attendista. Il modo migliore per rendere omaggio alla sua memoria ieri è stato andare a tutta. Proprio come ha fatto Fraile.
Le interviste. «Non sapevo molto di Bartali, poi ho letto un libro su di lui e ho capito», le parole dello spagnolo. «Sono felice di avere vinto una corsa a lui dedicata. Avevo nel mirino questa tappa da lungo tempo, mi piaceva molto, era tutto un saliscendi, assolutamente adatta alle mie caratteristiche. Quando si è mosso Landa, non ci ho pensato due volte e l'ho seguito. Stavo benissimo», ha aggiunto il vincitore di tappa. «Allo sprint avevo paura di Rui Costa, perché era il più veloce del gruppetto che comprendeva anche Kangert e Rolland. A volte capita che sei il più forte, ma non riesci a vincere. Da tanti anni sognavo una vittoria al Giro».
Eccolo, invece, Rui Costa. «Ho lavorato duro, forse tutte le energie sprecate all’inizio mi sono venute a mancare alla fine. Non nascondo che sono un po’ deluso dal risultato perché sentivo la vittoria vicina».
E gli italiani? Ancora zero vittorie di tappa.
Adolfo Fantaccini