L'allenatore Giovanni Galeone, 78 anni

INTERVISTA/ IL PROFETA LANCIA I BIANCAZZURRI

Galeone: Pescara da serie A, ma che noia questa B

L'ex allenatore del Delfino: "Si può puntare alla promozione tramite i play off. Mancuso mi piace, ricorda Pippo Inzaghi"

PESCARA. Basta la parola. O meglio, il nome: Giovanni Galeone. Sì, il Gale, il “Profeta”, chiamatelo come volete. Allenatore per 33 anni e, soprattutto, mago del pallone, anfitrione, affabulatore e padrone della magica Pescara fra gli anni 80 e 90. «Questa è la mia città, sono cittadino onorario e mi hanno dato anche il Ciattè d’oro», evidenzia con orgoglio il 78enne fautore del calcio champagne che con le sue idee e il suo gioco ha fatto innamorare i tifosi biancazzurri. Il Gale è tornato a parlare del suo primo amore, il Delfino, e lo ha fatto con il Centro.
Galeone, il suo giudizio sulla serie B?
«Diversa rispetto a quella che ho conosciuto io fino a qualche anno fa. Tecnicamente è una serie B più povera. Sono tutti abbottonati e tatticamente accorti. Non si vedono novità e non si vede spettacolo, anche se a volte qualche squadra, tipo il Cittadella, fa vedere belle cose. Questo è un campionato molto equilibrato».
Del Pescara che idea si è fatto?
«Ho visto dal vivo la partita con lo Spezia e mancavano diversi giocatori che sono determinanti per il gioco, come Gaston Brugman. A centrocampo il Delfino ha grandi qualità, poi in attacco c’è questo ragazzo, Leonardo Mancuso, che sta facendo grandi cose. Bravo a segnare gol in piena area di rigore, ma da fuori non ha un gran tiro».
A chi assomiglia?
«Di certo non mi ricorda Rebonato, ma un rapace d’area tipo Pippo Inzaghi. Un realizzatore formidabile negli ultimi metri, vicino all’area di rigore. Mancuso è molto bravo a rubare il tempo agli avversari».
Di Monachello invece che idea si è fatto?
«Nella gara che ho visto con lo Spezia mi è sembrato un po’ troppo egoista, va a caccia del gol, ma ha sbagliato una soluzione offensiva che poteva essere sfruttata in maniera diversa».
Il Pescara può lottare per la serie A?
«Se in serie A vanno direttamente Brescia e Palermo, allora il Pescara può vincere i play off. Se, invece, queste due andranno ai play off, potrebbe essere più dura. Il Pescara, secondo me, può rivelarsi la sorpresa degli spareggi promozione. Le antagoniste? Il Cittadella è una buona squadra, ma non ha esperienza. Pericolosi potrebbero essere Perugia e Benevento, ma ribadisco che il Delfino può essere la sorpresa».
Chi gioca meglio?
«Il Cittadella mi piace. Delle squadre che ho visto mi hanno colpito Brescia e Palermo. Sono squadre forti, come il Lecce».
Sorpreso dallo stadio Adriatico sempre più vuoto?
«Con lo Spezia sono rimasto un po’ deluso, anche se dopo il gol del vantaggio lo stadio si è risvegliato. Per accendere l’Adriatico basta poco. Servono brillantezza e coraggio, poi il tifo ti segue. Ai miei tempi la curva Nord ci trascinava in tutte le occasioni, anche nei momenti difficili. Ricordo che perdemmo due partite contro Modena e Campobasso, che erano praticamente spacciate per la retrocessione, ma lo stadio era sempre pieno. Come in trasferta, mi ricordo ancora i 10mila di Arezzo. Nelle mie esperienze siamo sempre stati trascinati dai tifosi».
Parliamo di Champions e della Juventus del suo figlioccio Max Allegri. Che quarti di finale prevede con l’Ajax?
«L’Ajax non è quella di un tempo, quando aveva carisma e forza grazie alle vittorie in Champions. Adesso è formata da una banda di ragazzini che gioca in maniera splendida e che può fare il risultato a sorpresa. Come ha fatto con il Real Madrid negli ottavi di finale quando ha vinto al Santiago Bernabeu».
Sorteggio fortunato per i bianconeri?
«Oggettivamente ha pescato bene, anche se il Porto è meno temibile. Tuttavia, le otto squadre che arrivano ai quarti di finale sono tutte pericolose ed è sempre una grande incognita individuare le forti e le deboli».
Dopo l’impresa con l’Atletico Madrid ha dato qualche consiglio a Massimiliano Allegri?
«No, ma sapevo che avrebbe perso con il Genoa. Dopo il miracolo con l’Atletico non avevano un filo di energia e forza. Avevo detto a Max di buttare in campo tutti i ragazzini, ma non è da Juve. Se fossi stato in lui avrei cambiato quasi tutti i giocatori».
La qualità che apprezza di più di Allegri?
«Sa leggere le partite e non gioca in funzione dell’avversario. Anche un altro mio ex calciatore, Gasperini, fa la stessa cosa. Allegri è un genio della panchina perché vede cose che gli altri non vedono durante le partite. Nei momenti di difficoltà non perde la calma, anzi, si esalta e, se sbaglia, non trova alibi come fanno tanti altri suoi colleghi».
La Juventus può vincere la Champions?
«Dipende dagli altri accoppiamenti. Se la Juventus dovesse incontrare il Manchester City in semifinale sarà abbastanza dura. Preferirei incontrare il Tottenham perché è una squadra che la Juve già conosce, visto che ci ha giocato, l’anno scorso, e ha un gioco più prevedibile rispetto al City. Quando affronti Guardiola non devi solo avere a che fare con quel tipo di assetto basato su possesso palla e velocità del passaggio, ma ci sono dei giocatori che sono in grado di risolvere da soli la partita come Aguero, Sanè e De Bruyne».
La squadra favorita secondo lei?
«Sono tre: Manchester City, Juventus e Barcellona. Messi con il Barça sta facendo grandi cose e sta risolvendo tante partite, senza dimenticare tutti gli altri campioni che ci sono in rosa, come Dembelè, che possono cambiare le sorti delle partite».
La nuova Italia di Roberto Mancini le piace?
«Sì, molto. Apprezzo il coraggio di Mancini nel convocare tanti giovani. Non sono molto convinto sulla qualità dei giocatori. Tutti parlano della qualità, io li vedo abbastanza bravi, ma non eccezionali. Il fuoriclasse non c’è, ci sono 4-5 elementi buoni, ma, per avvicinarsi alle altre nazionali dal 1982 in su, non siamo competitivi. Anche quella del 2006 non era eccezionale, però ha vinto un Mondiale con una buonissima squadra. Invece, quella di adesso è una nazionale con la quale Mancini spero riesca a trarre fuori il meglio, ma non credo che sia tra le migliori d’Europa».
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