Fabio Grosso nelle vesti di allenatore del Verona

L'ALLENATORE DEL VERONA

Grosso sfida il Pescara: è la partita del cuore  

Il 41enne prepara la gara contro la sua città. Ma Pillon vuole il colpaccio

PESCARA. Può una celebrità essere un antidivo? Certo! La dimostrazione più eclatante l’ha offerta in questi anni Fabio Grosso, l’allenatore pescarese del Verona che lunedì sfiderà il Delfino al Bentegodi. Lo scorso 28 novembre ha compiuto 41 anni. Ne sono passati 12 dalla vittoria del Mondiale di Germania ma per tutti resta l’eroe di Berlino, il principale protagonista dell’Italia di Marcello Lippi campione del mondo. Per mesi Fabio è stato l’azzurro più richiesto, inseguito e amato, a Pescara e non solo. «Alle due di notte le persone lo aspettavano sotto casa per un autografo. Spesso mi facevo consegnare le magliette e gliele facevo firmare io», ha raccontato qualche anno fa Giorgio Repetto, bandiera del calcio pescarese, attuale responsabile dell’area tecnica del Delfino, e, soprattutto papà di Jessica, la moglie di Grosso.
Passata la sbornia del Mondiale, Fabio ha continuato a giocare (e a vincere) trasferendosi dal Palermo all’Inter, poi al Lione e infine alla Juventus. Si è stabilito a Torino con la sua consorte e i figli, Filippo e Giacomo, rispettivamente 12 e 9 anni, entrambi calciatori nelle giovanili bianconere. Proprio nel vivaio della vecchia Signora, ha mosso i primi passi da allenatore. Per un anno vice di Andrea Zanchetta sulla panchina della Primavera juventina, poi suo successore per tre stagioni. Alla Juve ha trovato l’ambiente ideale per fortificare la sua indole di lavoratore silenzioso. «Non ho mai amato i riflettori», ama ripetere, «ho un carattere solare, ma lo mostro soprattutto con le persone a me vicine».
L’estate del 2017 il salto in serie B nel Bari, portato al sesto posto e poi declassato al settimo a causa della penalizzazione di due punti. Un handicap fatale ai pugliesi che vengono eliminati nel turno preliminare play off in seguito al doppio pareggio contro il Cittadella. Alla guida del Bari affronta il Pescara vincendo (1-0, gol di Brienza) all’andata al San Nicola e pareggiando al ritorno. All’Adriatico si arrabbia parecchio per il gol del 2-2 di Pettinari con il Delfino in inferiorità numerica (espulso Campagnaro). Alla vigilia di quel match l’episodio increscioso con il raid di alcuni pseudotifosi che lasciano un pollo (simbolo del Bari) sgozzato sul cancello di ingresso della sua abitazione a Spoltore e imbrattano i muri con scritte offensive. Un fuori programma che Grosso liquida con la consueta signorilità. «L’errore di poche persone non può compromettere il nome della mia città», il suo commento. A fine campionato rescinde il contratto con il Bari (che poi non si è iscritto in B) accettando la chiamata del ds pescarese del Verona Tony D’Amico, al quale lo lega un solido rapporto di stima e amicizia.
Si conoscono da una vita e hanno giocato insieme nel Chieti vincendo un campionato di C2 nel 2000, prima che Fabio spiccasse il volo firmando per il Perugia. Un’ascesa entusiasmante quella dell’ex centrocampista, poi diventato terzino, cresciuto nella Curi di Cetteo Di Mascio. Lunedì sfiderà di nuovo il Pescara. Forse al Bentegodi ci sarà papà Tonino, ex calciatore dilettante molto conosciuto in città (è stato assessore comunale e dirigente al ministero del Poste). Il successo di Benevento ha rilanciato il Verona che veniva da un periodo negativo e rafforzato la posizione di Grosso. Fabio sta cercando di trasferire le sue idee a una squadra potenzialmente fortissima, ma che in estate ha subìto un profondo restyling. In queste settimane ha incassato le critiche con la solita eleganza. Per il salto di qualità, dovrà battere il Delfino. Poi, arrivederci al 27 aprile per il ritorno all’Adriatico con la speranza di chiudere il campionato in vetta, magari insieme al Pescara, e festeggiare a giugno giocando a foot volley allo stabilimento balneare Il Moro con gli amici di sempre. Il ragazzo classe ’77 del liceo scientifico Galilei non è cambiato. E chi lo conosce sa quanto sia ancora legatissimo alle sue radici pescaresi.
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