Filippo Falco, attaccante del Pescara

Il grido di Falco: Pescara, devi osare 

L’attaccante: «Impensabile non centrare i play off»

PESCARA. A soli 26 anni può essere già considerato un piccolo giramondo del calcio. Filippo Falco è di proprietà del Bologna e il Pescara ha la possibilità di riscattarlo a fine giugno. Prima di sbarcare in Abruzzo ha vestito le maglie di ben undici squadre vivendo esperienze forti. Gioie, ma anche delusioni che lo hanno fatto crescere. Il sogno di diventare un calciatore inizia con la chiamata del Bari. Fa la trafila fino agli Allievi, poi, improvvisamente, il club non lo conferma. Un duro colpo da digerire, anche se lo scoramento dura poco grazie a Beppe Materazzi, padre dell’ex difensore dell’Inter, che lo porta al Lecce. Con i giallorossi, a 18 anni, debutta in coppa Italia grazie all’ex pescarese Gigi De Canio. In seguito fa a farsi le ossa a Pavia dove esplode con Giorgio Roselli, calciatore biancazzurro dal 1983 al 1986. E non finisce qui, perché poi incontra altri allenatori che hanno lavorato nel Pescara: Lerda quando torna a Lecce, a Trapani Cosmi, poi, nel 2015 lo acquista il Bologna (contratto di quattro anni) e Rossi lo fa esordire in A.

Il grido di Falco: Pescara, devi osare
Filippo Falco si racconta al Centro. L'esterno offensivo in prestito dal Bologna ha debuttato nel match contro la Cremonese, ma non è riuscito a segnare il suo primo gol con la maglia biancazzurra. Ci riproverà sabato a Cittadella. Ecco alcune anticipazioni dell'intervista esclusiva al talentuoso attaccante che viene pubblicata sul giornale in edicola domani mercoledì 28

Gli emiliani lo prestano al Cesena a gennaio 2016 e nella passata stagione al Benevento di Baroni che conquista la serie A. Ora Falco spera di trovare una squadra che gli possa garantire un po’ di stabilità. Nel frattempo, il Messi del Salento, come lo hanno soprannominato a Lecce, spera di aiutare con la sua fantasia l’attacco sterile del Pescara a cambiare marcia. Per farlo, bisogna osare, come recita la frase di Gabriele D’Annunzio (“memento audere semper”) che Filippo si è fatto stampare sul corpo. La sua passione per i tatuaggi è sfrenata. Ne ha 15 che raffigurano di tutto: scarpe da calcio con i lacci a forma di cuore con l’erba sotto, il numero 20 portafortuna, un Pokemon perché esultava con la linguaccia (a Benevento lo chiamavano Lickitung), un gufo sul pallone, la rondine della pace, l’ancora della salvezza e alcuni bracciali.
Falco, come procede l’ambientamento?
«Benissimo. Sono stato accolto con tanto affetto. Zeman? È un maestro. Pretende molto e per la mia crescita può essere determinante».
Cosa le chiede il boemo?
«Di giocare in modo semplice e muovermi senza palla attaccando la profondità. Tutti dobbiamo sforzarci di trasferire in partita quello che proviamo negli allenamenti. Sono tornato a giocare una gara dal primo minuto dopo tre mesi e a breve sarò al top».
Sabato c’è il Cittadella.
«Sqaudra temibile, i giocatori si conoscono a memoria, ma andremo in Veneto per vincere».
L’anno scorso la conquista della A col Benevento. Cosa ci fa ancora in B?
«Non sta a me dirlo. L’ho già detto, speravo di restare a Benevento oppure al Bologna, ma non c’è stata la possibilità. Ora penso solo al Pescara e se l’anno prossimo dovessi restare qui non sarebbe un passo indietro. Questa è una piazza importante».
Dove potrà arrivare il Pescara?
«Empoli e Frosinone sono le favorite. Poi c’è il Palermo e via via altre squadre, tra le quali anche la nostra. Il Pescara ha l’obbligo di entrare nei play off, sia per la forza della rosa che per le ambizioni della società».
Magari il Delfino si giocherà la A in una finale col Bari che qualche anno fa le provocò una grande delusione.
«Sarebbe bello. È vero, dopo alcuni ottimi campionati, la società decise di svincolarmi senza una spiegazione. I miei allenatori erano increduli, visto che ero tra i più quotati. Poi Beppe Materezzi mi portò al Lecce che mi prese subito. A Bari giocava con me Simone, suo figlio, che ora milita in un club svizzero».
Eppure il Bari la rincorse per settimane...
«Sì, prima di ingaggiarmi i dirigenti ebbero un imprevisto. Non riuscivano a rintracciare mio padre che in quel periodo era in Vietnam per l’adozione di mia sorella. Giorni e giorni di telefonate a vuoto. Poi tutto si risolse».
Com’è Falco fuori dal campo?
«Un ragazzo tranquillo. Sono molto legato al mio paese, Pulsano (provincia di Taranto, ndr), ai miei amici di infanzia anche se li vedo poco, e, ovviamente, ai miei genitori, a mia sorella Perla e ai miei fratelli, Marco e Roberto che è il mio primo fan».
C’è un Paese che vorrebbe visitare?
«Sì, il Brasile. C’è sempre un clima di festa e felicità. Però anche qui sto bene. Vengo da una città di mare, perciò non potevo chiedere di più. Basta guardarlo per essere di buonumore. Ma ora tocca a noi, per rendere tutto perfetto bisogna vincere e riaccendere la passione dei tifosi pescaresi. Il mio sogno è vedere l’Adriatico di nuovo pieno».
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