Il megashow di Pescara e dell’Abruzzo

Pubblico appassionato e commosso protagonista dello spettacolo allo stadio Adriatico. L'Aquila Rugby, l'inno di Mameli e la squadra azzurra i momenti più partecipati della kermesse

PESCARA. La città narcisa, la città che si compiace a specchiarsi negli eventi che accoglie, ha dato il meglio di sè. Ha aperto il suo cuore generoso agli amici vicini e lontani. Ha applaudito, si è commossa, ha chiuso in un abbraccio le 22 nazioni del Mediterraneo nel segno dello sport.
C’è tanto Abruzzo nella kermesse allo stadio Adriatico che ha aperto i XVI Giochi del Mediterraneo. Bisognerà aspettare circa un’ora per vedere qualche segno d’acqua che richiami il Mare Nostrum.

L’apertura è riservata alle pecore che in autunno andavano verso il mare come ci ha insegnato Gabriele D’Annunzio. Ci sono anche «le tamerici salmastre e arse» che il poeta pescarese - interpretato da Alessandro Haber - rievoca in carne, ossa e versi memorabili della “Pioggia nel pineto”. La scelta non poteva essere più felice in una sera rovinata a metà dall’acqua che è caduta fino all’arrivo di Silvio Berlusconi.
Il primo momento toccante è l’ingresso dell’Aquila Rugby, premiata dal presidente del Cio, Jacques Rogge tra un tripudio di sbandieratori e majorette.

A seguire un altro tributo all’Abruzzo e alla sua tradizione culinaria con un balletto fra pasta alla chitarra e pomodori. Non poteva mancare il pecorino e per richiamare il Montepulciano, il tutto è sottolineato da “Libiamo” dalla Traviata.
Secondo momento altissimo della serata l’ingresso della bandiera italiana e l’inno di Mameli cantatao dal giovanissimo Gianluca Ginoble e da un coro di ragazzini, molti dei quali giunti dalle zone terremotate e anche da Onna. Per giorni si sono sobbarcati un’ora di pullman per partecipare a uno show che vuol essere un momento di rinascita per l’intero Abruzzo.
Non hanno volato sul cielo di Pescara solo le Frecce Tricolori in un rapidi passaggi lasciandosi idetro le strisce bianca, rossa e verde.

E’ volato anche il biplano di Gabriele D’Annunzio e stavolta è atterrato non come nel 1927 quando, dopo la creazione della provincia, mise a credere di aver volteggiato sulla sua città ma, travolto dall’emozione, ha rinunciato all’abbraccio dei compaesani. Stavolta su un’Isotta Fraschini il Poeta ha solcato la pista dell’Adriatico, ha recitato i suoi versi e ha assistito al ballo di Eleonora Duse sulle note di Mascagni e sulle punte di Eleonora Abbagnato.
La sfilata delle squadre ha incendiato la platea: i bermuda delle serbe e slovene ha fatto da pendant ai tailleur gialli e ai vestiti rossi degli spagnoli, la douce France è stata accolta con grande affetto, così come la mastodontica delegazione turca. Applausi e affetto per tutti, ma quando è spuntato Cammarelle portabandiera dell’Italia è venuto giù lo stadio al ritmo del po-ro-po-po delle notti mondiali di Germania.

Il Guerriero di Capestrano, novello moloch imbragato fra gomene e sartie, ha chiuso la parte più spettacolare della serata, insieme all’esibizione di Fabrizia D’Ottavio e le ragazze dell’Armonia d’Abruzzo di Chieti. C’è stata la parte istituzionale: i discorsi di Pescante, Addadi (al «perchè nu’ seme nu’», la torcida pescarese si è sciolta in lacrime) e Rogge; oltre ai giuramenti di Eleonora Lo Bianco e il giudice Gianni Dolfini. La bandiera dei Giochi e l’inno cantato da Piero Mazzocchetti è stata seguita dalla cerimonia dell’Acqua sulle note di Eros Ramazzotti, il fuoco e Auà hanno contrappuntato il finale. Unici incidenti di percorso i «sedici Giochi del Mediterraneo» sottolineati con un sorrisetto dallo stesso presidente del Senato e il malore a Gina Lollobrigida, la Bersagliera dell’abruzzese Margadonna. Flaiano mancava, non sono mancati i suoi fuochi al mare come nella festa di San Cetteo. Avrebbe chiuso con una sua celebre battuta: «Coraggio, il meglio è passato».