Serie A

Il rimpianto di Zamparini:  «Zeman mi ha detto no»

Domani Pescara-Palermo, il dirigente: l’anno scorso ho proposto al boemo la carica di direttore tecnico

PESCARA. In quindici anni di presidenza ha investito circa 100 milioni di euro portando il Palermo dalla serie B all’Europa League. Ora Maurizio Zamparini ha deciso di lasciare la società e in questi giorni è impegnato nella trattativa per il closing che segnerà il passaggio delle azioni del club a Paul Baccaglini, presidente dei rosanero da poco meno di tre mesi. La situazione dovrebbe sbloccarsi all’inizio della prossima settimana. Sotto la gestione del 76enne imprenditore friulano, sono passati in Sicilia campioni del calibro di Barzagli, Cavani, Toni, Pastore, Dybala e tanti altri, acquistati e rivenduti a cifre che hanno generato enormi plusvalenze. E nella sua avventura Zamparini ha cambiato ben trentadue tecnici guadagnandosi l’appellativo di “mangia allenatori”. L’anno scorso ha provato invano a riportare Zeman al Palermo, nella società dove il boemo ha iniziato la carriera nel settore giovanile. Come il Pescara, anche il Palermo ha già salutato la serie A e lunedì sera all’Adriatico (ore 20,45) andrà in scena una sorta di “requiem” per le due squadre. In ogni caso, nonostante le contestazioni per il ritorno in B, il vulcanico dirigente resterà nella memoria degli sportivi isolani per il suo impegno e la sua competenza.
Zamparini, Pescara e Palermo retrocesse in B già da un po’. Se l’aspettava?
«Sapevamo di dover lottare per la permanenza in serie A, ma credevo che si potesse fare meglio. Abbiamo commesso tanti errori e lo stesso è accaduto al Pescara».
Il Crotone, invece, continua a sperare.
«Faccio i complimenti alla società e all’allenatore. Mi hanno sorpreso. Sinceramente, alla vigilia del campionato, pensavo che i calabresi fossero inferiori sia al Palermo che al Pescara. Mi sono sbagliato».
La A per i biancazzurri sta diventando incubo. Ogni volta si fanno figure pessime.
«Purtroppo il Pescara ha pagato l’enorme disparità che c’è tra i grandi e i piccoli club. Con le regole attuali non c’è possibilità di essere competitivi nella massima serie, a meno che non ci sia un presidente disposto a buttare dalla finestra, ripeto buttare, almeno 20 milioni di euro all’anno. In Sicilia non ci sono imprenditori pronti ad aiutare il Palermo e credo nemmeno a Pescara. In quindici anni di gestione ho investito 100 milioni. Ora ci sono pochi soldi ed è questo motivo per cui il calcio italiano sarà sempre più invaso dagli stranieri».
Anche Sebastiani parla spesso della iniqua ripartizione delle risorse.
«Ha ragione. La soluzione è semplice. Basta copiare il modello inglese dove c’è una distribuzione più equa che consente alle piccole società di ricevere contributi ingenti per allestire organici competitivi. E non fare queste magre figure di fronte a società più ricche e blasonate».
Zeman si è detto favorevole all’abbassamento del numero di squadre a 16.
«Non sono d’accordo. Forse converrebbe alle big che potrebbero dividersi una torta ancora più grande. Inghilterra e Spagna dimostrano che si può giocare un campionato di A a 20 squadre mantenendo equilibrata la competizione. A meno che non si decida di bloccare le retrocessioni, come accade in altri sport, e allora andrebbe fatta un’analisi diversa. Ma non credo che sia un discorso percorribile».
Il boemo ha iniziato la sua carriera a Palermo e lei più volte lo ha corteggiato. Vorrebbe ancora riportarlo in Sicilia?
«Certo. Stimo moltissimo Zeman, sia dal punto di vista tecnico, perché mi piace il suo calcio, che sotto il profilo umano per la sua serietà. L’anno scorso l’ho contattato proponendogli il ruolo di direttore tecnico, ma ha rifiutato dicendomi che era sua intenzione continuare ad allenare».
Ritiene che Zeman sia “vecchio”?
«No, lui ha 70 anni, io li ho già superati da un po’. Però credo che alla sua età potrebbe svolgere egregiamente un ruolo differente, appunto quello del direttore tecnico affiancando un allenatore giovane e insegnandogli le sue metodologie».
Chiudiamo con Brugman e Benali che lei ha avuto a Palermo.
«Sono due calciatori che in B fanno la differenza, ma in A soffrono. Non per motivi tecnici, sono entrambi molto bravi, ma non hanno la struttura fisica per affermarsi nella massima serie».
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