L’ASSUEFAZIONE ALLA VITTORIA E IL RISCHIO DELL’INDIGESTIONE

La Juve che festeggia lo scudetto prima di Pasqua rende l’idea di quanto abbia dominato la serie A. I tifosi che storcono il muso e accolgono l’ottavo titolo di fila con i mugugni fanno capire quanto...

La Juve che festeggia lo scudetto prima di Pasqua rende l’idea di quanto abbia dominato la serie A. I tifosi che storcono il muso e accolgono l’ottavo titolo di fila con i mugugni fanno capire quanto sia malato il calcio italiano. Perché da anni non c’è una squadra che riesca a porre un argine all’egemonia bianconera; non c’è una società in grado di mettere in piedi un progetto degno per intralciare il monologo della Vecchia Signora. Talmente schiacciante che nella tifoseria sta emergendo la sindrome di assuefazione alla vittoria. Altri tempi quelli del 2012 quando a Trieste tornava a festeggiare uno scudetto dopo tanta astinenza. Caroselli per le strade ed esultanza fragorosa. Oggi è Allegri, l’allenatore, che chiede di fare festa. Roba dell’altro mondo. Oggi non basta più vincere in Italia. Troppo facile e scontato.
E dal momento che la serie A è una passeggiata di salute bisogna conquistare la Champions. Tanto più se arriva Cristiano Ronaldo. E se non vinci - al primo tentativo - il tifoso mette il muso. C’è da capirlo, perché ormai è trascorso troppo tempo da quando la Juventus chiudeva il campionato al settimo posto. Non ne rammenta la frustrazione. Oggi è vittima dell’assuefazione.
Quando l’oggetto del desiderio diventa facile preda si cambia obiettivo. Si alza l’asticella fino a perdere il contatto con la realtà. Magari non si pensa a chi darebbe chissà cosa per vincerne solo uno di scudetto. Niente, lo scudetto - il numero 35 - arriva nel bel mezzo del processo per l’eliminazione dalla Champions. Le spiegazioni sono le più disparate, quasi sempre portano a un colpevole: l’allenatore, Massimiliano Allegri, il secondo più scudettato dopo Trapattoni. Oggettivamente la superiorità manifestata in questi anni è disarmante.
Così come è evidente il gap tra il calcio italiano e il resto d’Europa. Basti pensare alla Nazionale incapace di qualificarsi ai Mondiali dell’estate scorsa. Non è un caso che le italiane - salvo i bianconeri e qualche eccezione - negli ultimi anni si fermano agli ottavi o a i quarti di finale. Ebbene, la Juventus rappresenta un ponte tra la serie A e le big continentali. È nella via di mezzo: troppo forte dentro i confini nazionali, non abbastanza fuori. Ha una società che negli anni è cresciuta fino a diventare un modello. Ma l’Italia in questo momento è indietro anche nel calcio e non basta dominare la serie A per affacciarsi in Europa e vincere.
Il rischio, concreto, è quello di non rendersi conto del ben di Dio che arriva puntuale ogni anno. L’indigestione può diventare fatale alla lunga.
@roccocoletti1
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