IL CENTROCAMPISTA DEL PESCARA

«L’Islam e quei 50 euro, ecco il mio Senegal» 

Kanoutè: «È dura fare il Ramadan. L’Isis? Sono terroristi, il Corano dice altro. Con il primo stipendio ho fatto felice la mia famiglia»  

PESCARA. È arrivato da studente, quasi per caso.
In Italia per una vacanza, dopo il diploma, visto che voleva imparare la quarta lingua. Alla fine, però, ha scoperto il mondo del calcio. «Giocavo in strada», racconta al Centro Franck Kanoutè, mediano 18enne del Pescara.
Kanoutè, quando è arrivato in Italia?
«Due anni fa per via dello studio. Mi spiego meglio. Mi ero appena diplomato in Senegal, ho studiato lingue, il francese per l’esattezza, è sono arrivato nel vostro Paese per imparare l’italiano. Una specie di vacanza-studio e a Milano ci sono diversi miei parenti. Mio zio vive lì da anni e sono andato da lui, ma non poteva tenermi senza permesso di soggiorno essendo anche minorenne. Poi, ho preso i documenti grazie all’intermediazione di un noto esponente della comunità senegalese in Italia».
Quindi, il calcio. Una passione improvvisa?
«No, assolutamente. Sono arrivato a Milano e non conoscevo nessuno. Un giorno, visto che mi annoiavo a stare a casa da solo, sono uscito e vicino casa c’erano dei ragazzi senegalesi che giocavano in strada. Ho giocato con loro e, a fine partita, mi si è avvicinato un signore facendomi i complimenti. Era un procuratore e voleva portarmi a fare dei provini».
Dove?
«Ho fatto Empoli, Livorno, Carpi, Torino, Napoli e poi di nuovo a Torino con la Juve. Mi volevamo tutti, ma non avevo i documenti in regola per essere tesserato. La Juventus ha puntato su di me»
In Senegal ha fatto la scuola calcio?
«Si, ma per poco tempo. Giocavo a scuola».
Quante lingue parla?
«Tre. Senegalese, italiano e francese, e anche un po’ l’inglese».
Dal Senegal a Pescara. La sua vita è cambiata parecchio nel giro di un paio d’anni.
«Diciamo che dal mio arrivo in Italia è cambiato parecchio. Quello che sto vivendo è il coronamento di un sogno. I primi tempi sono stati durissimi, piangevo perché ero solo, non parlavo l’italiano e non avevo i miei genitori. Sono stati mesi durissimi; però, poi, con il tempo, ho iniziato ad integrarmi. Non ho mai smesso di crederci. Volevo fare il calciatore fin da bambino».
Il suo idolo?
«Vieira, ho avuto modo anche di conoscerlo. Mi ha augurato tanta fortuna».
La sua famiglia è in Senegal?
«Sì, mia mamma è li insieme agli altri fratelli. Mio padre lavora in un bar e vive a Verona, visto che è sposato con una italiana. Loro due non si sono sposati dopo che sono nato io».
Come si vive in Senegal?
«Bene. Dakar, per esempio, è una città molto bella, ma non tutti lavorano. Se hai soldi, a Dakar, si vive bene».
Il suo rapporto con la fede?
«Sono musulmano».
E con il Ramadan come fa quando deve allenarsi?
«Lo faccio, ma evito se ho la partita perché perdo parecchie energie. Il Ramadan dura circa un mese, ma non lo faccio completo. Due giorni prima della partita, per esempio, evito di non mangiare».
Parliamo dell’Isis e l’Islam. Lei cosa pensa?
«Gli aderenti all’Isis non sono credenti e non sono musulmani, ma terroristi. Nel Corano c’è scritto che non bisogna uccidere, quindi, loro non sono musulmani».
C’è il razzismo in Italia?
«Sì, c’è, ma non ci faccio caso. Anche a Carpi, per esempio, dalla tribuna alcuni tifosi mi hanno insultato. È una cosa brutta, ma faccio finta di non sentire».
Fabio Grosso, pescarese doc, è stato suo allenatore alla Juve Primavera. Che ricordo ha?
«Una grande persona. Mi ha dato tanti consigli. Mi ha detto che devo seguire Zeman alla lettera per provare ad arrivare in alto».
Senza calcio che cosa avrebbe fatto?
«Avrei lavorato in banca».
Fuori dal campo che cosa fa?
«Sono un ragazzo semplice. Mi piace stare con gli amici e giocare alla Playstation».
È fidanzato?
«No».
Oltre al calcio, il suo prossimo obiettivo qual è?
«Prendere la patente. Tra poco farò l’esame».
Con i primi soldi guadagnati che cosa ha comprato?
«Nulla. Ho tenuto per me solo 50 euro, il resto dei soldi li ho mandati in Senegal alla mia famiglia. Faccio così anche adesso, tengo per me lo stretto necessario e il resto dei soldi li mando in Senegal».
Che cosa vorrebbe fare per i suoi familiari: comprare una casa o portarli qui in Italia?
«Il mio sogno, credo quello di tutti noi musulmani, e andare a La Mecca. Ecco vorrei portarli lì».
Dalla Juve al Pescara. E’ contento di essere arrivato in biancazzurro?
«Sì e spero che questo per me sia un punto di partenza».
Quanti tatuaggi ha?
«Nessuno, però mi piacciono. Non ne ho perché la mia religione non mi permette di averli, anche se ci sono tanti musulmani che li hanno».
Pescara le piace?
«Sì, c’è il mare e per me è molto importante. Sto bene, come con i miei compagni di squadra. Mi hanno accolto tutti a braccia aperte» .
Che cosa le piace dell’Italia e cosa non le piace?
«Gli italiani sono ospitali, simpatici e cucinano benissimo. Gli aspetti negativi? Non mi piacciono le bestemmie, come accade durante le partite».
Questo Pescara dove può arrivare?
«Mi piacerebbe andare in serie A».
In poco tempo ha convinto Zeman. Se l’aspettava?
«Sì, perché conosco le mie capacità. Non avevo dubbi».
In che cosa deve migliorare?
«Il mister mi dice che devo fare il mediano e non andare all’attacco».
Della Juve che cosa ricorda?
«Gli allenamenti con la prima squadra. Higuain e Buffon li vedevo solo nei videogiochi; poi, a distanza di qualche anno, mi sono ritrovato con loro. E’ stato bellissimo. Nella vita nulla è impossibile, bisogna sempre credere nei propri sogni. Evra mi è stato molto vicino, ma anche Higuain, Sturaro, Chiellini e Cuadrado sono stati carini con me».
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