BASKET

Lamonica fischia l’Nba: «Ve la do io l’America» 

L’arbitro pescarese rientrato dagli Usa dove ha diretto le gare della Summer League «Esperienza straordinaria, spero di tornarci il prossimo anno per la nuova stagione»

ROSETO. Il pescarese Luigi Lamonica, è l’arbitro italiano più titolato che ci sia. Troppo vecchio per la Fip che lo ha frettolosamente pensionato, “Mister Decidere” ha portato i suoi servigi in Eurolega, ed è appena tornato dalla Summer League Nba di Las Vegas.
Lamonica, com’è nata questa opportunità?
«Da una telefonata di Ettore Messina che mi chiedeva se volevo incontrare Bob Delaney, il capo dipartimento arbitrale Nba. Ci siamo incontrati a Roma, e quello è stato il primo contatto».
È il primo arbitro italiano a farlo. Si sente un apripista?
«Sono un fortunato. L’Nba pensa globale, non è un caso che il 30% dei giocatori arrivi da fuori Usa; logico che cerchino arbitri interessanti anche da fuori, lo ritengono essere un fatto positivo».
Com’è andata l’avventura?
«Direi bene, pur considerando che regole, coperture e segnalazioni diverse. Questo non nego che mi abbia messo in difficoltà, anche perché mi ero dovuto preparare solo in 10 giorni».
Aveva però già un po’ di esperienza a fare terna con gli americani, giusto?
«Esatto, arbitrando durante gli Nba Europa Tour; devo comunque dire che i colleghi americani sono sempre molto bravi a farti sentire a tuo agio».
Il gioco in America è diverso dal nostro anche ad arbitrarlo?
«Sicuramente, e poi la Summer League ha regole ancora diverse, create per far metter in mostra i giocatori. Il gioco si svolge ad una velocità pazzesca».
Che differenza ci sono coi colleghi a stelle e strisce?
«Sono dei grandi atleti che corrono davvero tantissimo; mi piace la possibilità che hanno di personalizzare i gesti tecnici in modo libero. E poi hanno un atteggiamento diverso, fatto di ascolto e di parlare con calma ai giocatori: soprattutto quando fischiano, tendono a scomparire segnalando con flemma, anche per tenere tranquilli i giocatori: per esempio l’antisportivo non lo segnalano neanche, lo dicono solo a voce».
Non è che col pensionamento in Italia le hanno fatto un favore?
«Il favore me l’hanno fatto in due allora: la regola dei 50 anni è stata una scelta della Federazione e devo accettarla. Chi mi ha fatto il favore più grande è l’Eurolega che mi ha voluto lo stesso ad arbitrare. Con loro c’è un rapporto di grande fiducia, io e Christodoulou andremo avanti un anno per volta finché saremo capaci di mantenere queste prestazioni».
Ha incontrato gli italiani alla Summer League?
«C’erano tanti manager ed agenti, mi ha fatto piacere salutare Maurizio Gherardini, uno che si è fatto valere sia quando stava in Nba coi Raptors, sia adesso che sta al Fenerbahace, che non a caso è Campione d’Europa in carica: mi ha detto che gli ha fatto piacere vedermi lì ad arbitrare, e a me han fatto piacere i suoi complimenti».
Come vi siete salutati con Delaney?
«Ringraziandolo per la bella esperienza fatta, anche se restano alcune differenze tra Eurolega ed Nba»
Ma non le piacerebbe andare ad arbitrare in America?
«È il sogno di tutti, giocatori, allenatori, anche l’ultimo di ogni staff vorrebbe portare la borsa col marchio di Golden State».
Che vogliano inserire nuovi arbitri sembra chiaro, no?
«La verità è che non so quando lo faranno, non so se tra un anno, tre o cinque. Certo cinque anni sembrano un po’ troppi, quindi dico che visto si è aperta questa strada, mi piacerebbe tornarci l’anno prossimo un po’ più preparato».
Cosa le resta di questa esperienza?
«È stata affascinante, l’avessi fatta vent’anni fa, chissà. Ma i sogni sono fatti per essere rincorsi».
Lo spot promozionale dell’Eurolega con lei insieme a grandi allenatori sta spopolando in rete.
«Bellissimo, l’hanno visto tutti, quelli che mi incrociano fanno il segnale dell’instant replay».
Marco Rapone
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