Le lacrime dell’Atalanta: gioia per il quarto posto, dolore per l’addio a Favini 

L’ambiente su di giri per il successo di Napoli gelato dalla notizia della morte del talent scout che ha fatto crescere fior di campioni

BERGAMO. Dal San Paolo, lunedì nel posticipo di Pasquetta, allo Stadium contro i campioni d'Italia il 19 maggio il passo è lungo, lungo quasi quattro settimane, anche perché di mezzo ci sono altri ostacoli da superare: la semifinale di Coppa Italia contro la Fiorentina e la Lazio all'Olimpico il 5 maggio. Intanto, però, l'Atalanta ha agganciato il Milan al quarto posto (ma con gli scontri diretti favorevoli ai rossoneri) e l'Europa che conta non è più solo un sogno dalle parti di Bergamo. Tra profumo di Champions e attesa per il lasciapassare per la finalissima di Roma di Coppa Italia, in casa Atalanta si respira aria d'alta quota. E ormai siamo al terzo anno di fila con l'ex regina delle provinciali nel ruolo di outsider 'ammazzagrandi’. La squadra di Gian Piero Gasperini, avvicinata nel paragone con l'Ajax da Fabio Capello, per la filosofia dei tanti giovani del vivaio lanciati in prima squadra (ultimi esordienti Kulusevski e il 2001 Piccoli), per il gioco propositivo e spumeggiante e forse anche per aver eliminato la Juventus di Cristiano Ronaldo da una coppa, ha stordito anche il Napoli, seconda forza del campionato. I nerazzurri hanno meccanismi ormai tanto collaudati da potersi permettere di provare Mario Pasalic allineato sulla trequarti al Papu Gomez per quasi un quarto di gara, stringere i denti davanti all'assedio del 4-2-4 di Carlo Ancelotti, salvo rimettere l'argentino in coppia con Duvan Zapata (quota 21 in A, 26 totali) davanti per poi arretrarlo tra le linee nel collaudato 3-4-1-2 con l'innesto di Josip Ilicic, inizialmente in panchina per le noie al ginocchio sinistro e poi ispiratore di entrambe le azioni decisive nella ripresa. Nel dopogara a Fuorigrotta il Gasp ha ribadito la sua classifica personale in tema di ambizioni stagionali: la qualificazione alla regina delle coppe continentali («Se vinci a Napoli così, devi crederci perché ti meriti di rimanere in corsa») è in cima ai suoi desideri, poi viene il trofeo della coccarda, unica gloria sotto vetro a Zingonia (2 giugno 1963, 3-1 al Torino a San Siro, tripletta di Angelo Domenghini) il cui bis è stato vanamente inseguito nel 1987 (Napoli) e nel 1996 (Fiorentina). Adesso a Bergamo, dopo il 3-3 dell'andata, si prova a scrivere un nuovo capitolo di storia. Gasperini non avrà Hateboer e Toloi (operato ieri a Pavia alla caviglia destra) squalificati, ma non sarà un problema. Tanto entusiasmo è stato frenato ieri mattina solo dalla notizia della scomparsa di Mino Favini, 83 anni, il responsabile del settore giovanile per un quarto di secolo fino al 2015, il 'Mago dei giovani’ come veniva etichettato: «Mino è stato una persona eccezionale, un grande conoscitore di calcio giovanile che ci ha lasciato grandi insegnamenti, è stato a dir poco un onore ed un orgoglio averlo avuto all'Atalanta», l'unica dichiarazione di oggi, sul sito ufficiale, del presidente Antonio Percassi che l'aveva voluto su segnalazione dello storico dirigente Franco Previtali. Domani sera nella semifinale di ritorno contro la Fiorentinasarà ricordato degnamente, il lutto è d'obbligo per chi ha tracciato il sentiero.