Mancuso: «Io, Ligabue e il sogno di un Pescara rock» 

L'attaccante si racconta: «Amo suonare la chitarra e andare a pesca. Possiamo puntare alla A. Non mi sento l’erede di Lapadula»

PESCARA. Gol nel sangue e poca voglia di apparire. Leonardo Mancuso, 25 anni, attaccante del Pescara rientrato a Parma dopo un lungo infortunio, si racconta al Centro. Capocannoniere nello scorso campionato di Lega Pro, ama la musica, suona la chitarra ed è diverso dai suoi colleghi, più avvezzi alla mondanità e alle luci della ribalta. Un solo tatuaggio sul corpo. Una frase di una canzone di Bennato “L’isola che non c’è”.
«“Se ci credi ti basta, perché. Poi la strada la trovi da te”. C’è scritto questo sulla mia caviglia»
Mancuso, ha sempre creduto in se stesso?
«Sì, però con alti e bassi. Dopo le giovanili con il Milan mi sono rimesso in gioco tra i dilettanti, nel Pizzighettone, e ho avuto la caparbietà per tornare in alto. È stata dura, ma ci sono riuscito, e non ho mai pensato di gettare la spugna»
Cosa è successo nella sua carriera?
«Sono migliorato negli anni. A 18 anni tanti miei ex compagni giocavano già in serie B, mentre io ho impiegato più tempo».
Lei è un tipo taciturno. Una specie di anti-personaggio.
«Sì, è vero, sono così. Tuttavia lo sono diventato con il passare del tempo. Sono maturato tanto. Da ragazzino ero molto, troppo, vivace. Ho dato del filo da torcere ai miei genitori»
Provi a sintetizzare la sua esuberanza.
«Vi racconto questa. Giocavo a tennis, avevo 6 anni, e, dopo una sconfitta in un torneo, ho lanciato la racchetta in campo, contro il tendone, e sono scappato via. Mia madre mi ha rincorso disperata».
Quanto è stata importante la sua famiglia e cosa fanno i suoi genitori?
«Tantissimo. Mia madre è una maestra di scuola elementare, mio padre, invece, fa l’impiegato in una ditta vicino a casa. Poi c’è mia sorella, Arianna, che vive a Fano. È più grande di me ed è una biologa marina».
Senza calcio cosa avrebbe fatto?
«Mi sono diplomato, sono geometra, ma ho sempre fatto il minimo indispensabile a scuola. Il diploma era il mio obiettivo per regalare una gioia ai miei genitori, che hanno sempre fatto tanti sacrifici per me».
Il valore più importante che le hanno trasmesso i suoi genitori?
«L’onestà».
Chi le ha trasmesso la passione per la musica?
«Mio padre. Lui ha sempre suonato la chitarra e, poi, qualche anno fa, ho iniziato a suonarla anch’io, da autodidatta»
Questo è un Pescara rock?
«Lo può diventare (ride, ndr). Sì, col tempo, può diventare un Pescara scatenato»
Lei è un fan sfegatato di Ligabue, vero?
«Sì. È un cantante che ha accompagnato la mia adolescenza e adoro “Non è tempo per noi”, una canzone che parla di una generazione che non c’è più».
Il suo rapporto con i social network?
«Li uso, ma non sono un grande appassionato. Diciamo che non sono un vero amante dei social. Preferisco fare altro che stare li a “smanettare” con Facebook o Twitter».
Tanta gavetta, poi l’anno scorso è esploso con la maglia della Sambenedettese.
«Arrivavo da una stagione anonima a Catanzaro e non avevo mercato. Mi sono allenato da solo, durante l’estate, in una palestra vicino a casa e poi al campo sportivo del mio paese. È stata dura, e poi sono andato a San Benedetto, ad agosto inoltrato. Non ho mai mollato, mai trovato alibi e alla fine è andata bene. Sto raccogliendo quello che ho seminato. L’anno scorso ho fatto di tutto per prendermi la scena. Sono orgoglioso del mio percorso».
Lei ha la passione per la pesca. Com’è nata?
«Abito in campagna, a Lacchiarella, e lì ci sono diversi canali e laghetti dove pescare. È una passione che ho da tempo e anche qui ho visto che ci sono posti per andare a pescare, tipo al molo di Ortona».
È fidanzato?
«No, single. Non ho ancora trovato la persona adatta».
Da Zeman cosa si aspetta?
«Per me questa è una grande occasione. Sto giocando in un club prestigioso e ho la fortuna di avere un tecnico come lui. Zeman, specie per gli attaccanti, è un vero maestro».
A livello umano cosa pensa del boemo?
«Osservo molto il suo modo di fare. Parla poco, mi piace molto. Ogni cosa che dice non è mai banale e cerca sempre di stimolarti, toccando le corde giuste».
Il Pescara può andare in serie A?
«Se ci crede, può andare in serie A».
Il suo obiettivo personale?
«Voglio dare il massimo. Non solo a livello personale, ma di squadra, mettendomi a disposizione per raggiungere dei risultati».
Nel tempo libero cosa fa?
«A me piace stare in compagnia. Non sono un tipo solitario».
Ben nove anni di Milan cose le hanno lasciato?
«Il Milan mi ha insegnato tanto. Mi ha formato come persona, inculcandomi la cultura del lavoro».
Il suo idolo?
«Roberto Baggio»
A chi si ispira?
«In questo momento mi piace molto Callejon del Napoli, soprattutto per i movimenti che fa».
Pescara le piace?
«Città bella. C’è il mare e mi trovo bene».
Si sente un po’ l’erede di Lapadula, visto che avete molte cose in comune?
«No, assolutamente. Abbiamo caratteristiche diverse. Lui ha fatto delle cose straordinarie qui, io cercherò solo di dare tutto me stesso».
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