Martorella e l’amico Allegri: genio creativo e carattere

Anche il pescarese domenica a Torino alla festa dello staff tecnico della Juve

PESCARA. Totò e il Conte Max, al secolo Antonio Martorella e Massimiliano Allegri. Storia di un’amicizia nata sui campi di calcio, all’inizio degli anni Novanta, quando entrambi vestivano la maglia del Pescara, quello galeoniano che ha lasciato un segno nella storia del calcio abruzzese. È passato tanto tempo, ma il legame è rimasto saldo anche oggi che Allegri è l’allenatore della Juventus campione d’Italia. E domenica sera, dopo la vittoria sul Crotone, nella cena ristretta dello staff tecnico bianconero per festeggiare l’ennesimo tricolore, c’era anche Antonio Martorella al fianco di Allegri. Uno degli amici pescaresi, uno di quelli che ha condiviso le emozioni del tecnico livornese al terzo scudetto di fila alla guida della Juve. «Negli anni abbiamo sempre coltivato l’amicizia», racconta Antonio Martorella, ex attaccante esterno biancazzurro, ex assessore alla Provincia di Pescara e oggi impegnato nel calcio giovanile a livello dirigenziale. «Ricordo ancora che nel 1993, quando entrambi lasciammo Pescara, io ero a Ferrara, con la Spal, e la prima telefonata in ritiro l’ho fatta a Max che era a Cagliari. Oppure quando lui lasciò il calcio giocato per allenare l’Aglianese. Gli inviai un telegramma per fargli l’in bocca al lupo. Non ci siamo mai persi di vista, diciamo che c’è una sorta di analogia antropologica tra di noi». E quando può va da Max, a Torino oggi e a Milano prima. «È un predestinato», sostiene, «sin da quando giocavamo insieme spiccava per come sapeva leggere e analizzare le partite. E poi lui è un leader nato». Un leader cresciuto all’ombra di Giovanni Galeone. «Il mister è stato importante nella vita professionale di Max, da lui ha preso il gusto del bello, nella vita come nel calcio. È un suo figlioccio». In più, però, Allegri ha la capacità di gestire il gruppo, evidenziata ad alti livelli. «Il caso Bonucci è stato emblematico, l’ha gestito alla grande. Con fermezza ed efficacia, trascinandosi dietro la società». Sono frequenti i blitz di Martorella a Torino. «1.500 chilometri tra andata e ritorno per incontrare un amico. Stare a cena con lui è un piacere. Ha la battuta pronta e ti fulmina con le sue frasi». E poi c’è il regalo. «Sì, a ogni titolo conquistato gli faccio avere la prima pagina di un quotidiano sportivo incorniciata. Ormai è un rituale. Speriamo di fargliene avere un’altra». Già, il pensiero è rivolto a Cardiff, alla finale di Champions League contro il Real Madrid. «Penso di esserci», ribatte Antonio Martorella che non si sbottona sul futuro dell’amico Max sulla panchina della Juventus. «Non lo so, nel senso che non me ne ha mai parlato. Il suo futuro è davvero Cardiff, ha la mente concentrata su quella partita». Allegri in campo e fuori. «In campo è un creativo, basti pensare alla svolta del 4-2-3-1 dopo la sconfitta di Firenze. E poi ha carattere, lo stesso che gli permette di farsi scivolare addosso le pressioni. In tanti provano a fare l’allenatore ad alti livelli, ma spesso vengono travolti dalla tensione. Lui no. E’ sempre lucido, anche perché non vive solo di calcio. Sa crearsi delle alternative al pallone, ha altri interessi». E a cena è uno spasso, tra battute, ironia sottile e ricordi. «Quella di domenica è stata una bella serata, Max e il suo staff festeggiavano lo scudetto. Ci siamo divertiti, ma in maniera sobria, perché il pensiero ogni tanto andava lì...». A Cardiff, il prossimo 3 giugno.
Poi, che cosa farà Allegri? «Giuro, non lo so. So solo che la Juve lo vuole trattenere». Un buon amico non tradisce mai i segreti...