CALCIO

Rivera promuove il Milan: «Lotterà per lo scudetto» 

A Roseto il primo italiano a vincere il Pallone d’oro (nel 1969) si racconta a ruota libera: «Con Berlusconi capii subito che dovevo cambiare strada, con i cinesi vedremo»

ROSETO. Gianni Rivera, 73 anni, è uno dei nomi più forti del calcio italiano. Bandiera del Milan, protagonista con la Nazionale, primo Pallone d’oro italiano nel 1969 e poi politico (anche europeo), e dirigente federcalcio. A Roseto, grazie all’As Roseto Calcio per presentare il suo libro “Autobiografia di un campione”, il Gianni nazionale ha richiamato almeno duecento tra appassionati e tifosi. E ha parlato di passato, presente e futuro.
Signor Rivera, il suo è un nome trasversale nel mondo del calcio italiano. Si è mai chiesto perché?
«Penso che gli sportivi abbiano sempre apprezzato la mia genuina voglia di giocare un calcio semplice. Poi, certo, quella semifinale del 1970 con la Germania è stato l’evento che per la prima volta ha unito l’Italia in un momento di grande orgoglio. Solo quando tornammo, dopo aver perso la Coppa del Mondo col Brasile, trovando lo stesso una Nazione intera a festeggiarci, iniziammo a capire la portata di quell’Italia-Germania, che fin lì era stata per me solo una bella partita di calcio».
Nel secondo supplementare lei che sfiora la palla sulla linea di porta sul gol del pareggio tedesco e dopo un minuto segna la rete del definitivo 4-3, è un’azione che mette ancora i brividi?
«I brividi veri, quelli di paura, li provai quando pareggiarono. Ricordo che pensai che se avessimo perso, mi avrebbero ammazzato. Portai la palla a centrocampo pensando di dribblarli, ma poi vidi solo un muro di maglie bianche. Sembrava finita, e invece pochi secondi dopo ci fu quell’azione sulla sinistra che ci portò alla vittoria».
Da dove nasce l’esigenza di scrivere un libro così corposo?
«Racconto tutto fin dalla mia nascita, in tanti avevano provato a raccontare la mia storia, ho voluto scrivere la mia verità».
La sua presenza è forse segno di un rapporto speciale con l’Abruzzo?
«L’amicizia con Gianluca Ginoble (cantante del Volo, ndc) e suo padre Ercole oggi mi onora, ma qui ero già venuto da calciatore, in vacanza, e da politico, ricevendo sempre grandi apprezzamenti; la verità è che per fortuna, ho amici in tutta Italia».
Stavolta trova un calcio abruzzese in sofferenza: il Pescara è sceso in B, poi più sotto c’è il Teramo e poi più nulla. C’è da preoccuparsi?
«Oggi ci vogliono solo un sacco di soldi. Oppure si dovrebbe lavorare seriamente sul settore giovanile, ci vuole più tempo, ma porterebbe frutti in prospettiva. In fondo, chi l’ha già fatto sta andando bene, qualche squadra gioca pure in serie A».
L’arrivo di Zeman a Pescara può essere un segno in tal senso?
«Potrebbe aiutare, ma ci vorrebbe un altro aiuto per seguire la filiera a partire dai più piccolini».
Lei è stato uno dei 10 più forti di sempre. Cosa ne pensa di Verratti?
«E’ talmente forte che in serie A non ci ha messo piede; a parte gli scherzi, un po’ mi spiace che gli stranieri ce l’hanno portato via troppo presto».
Eusebio Di Francesco potrà fare bene da allenatore della Roma?
«Credo farà molto bene, è un allenatore che ha dimostrato di avere buone qualità, è pronto per una grossa piazza».
Lei è stato una bandiera del Milan, ma negli anni di Berlusconi si era fatto da parte. E coi cinesi?
«Con Berlusconi capii subito che era meglio cambiare strada; con la nuova proprietà vedremo».
Donnarumma e Bonucci sono due firme che le piacciono?
«Due grandi giocatori, possono proiettare il Milan verso un gran campionato. Da primissimi posti».
Ma è sempre la Juventus la favorita?
«Chi vince lo è sempre; vedremo strada facendo se il gap sarà colmato».
Lei che ha vinto due Coppa Campioni, come si spiega le difficoltà della Juve a primeggiare in questo torneo?
«Non mi piace che si parli di sfortuna, perché fa parte della vita come la fortuna. Evidentemente alla Juve è mancato qualcosa, peccato forse per quella settimana prima della finale, ho notato un eccessivo convincimento di potercela fare. E questo può aver scaricato la tensione del gruppo».
Che cosa vede nel suo futuro?
«Con la politica penso di aver chiuso. La gioia che vedo negli occhi delle persone che incontro, mi convince che vale la pena di continuare a fare quello che faccio oggi».
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