Shaqiri gela la Serbia Svizzera, una rimonta da ottavi di finale 

Gli elvetici vanno sotto dopo 5 minuti, ma non demordono  e ribaltano Kolarov e soci con i gol di Xhaka e dell’ex Inter

KALININGRAD. Quella di ieri sera fra Serbia e Svizzera non era solo una partita del Mondiale, ma anche un derby molto particolare. Era la sfida dei kosovari di Svizzera, Behrami, Xhaka e Shaqiri contro la Serbia, e il fatto che la squadra rossocrociata abbia vinto con reti di due di questi giocatori (Xhaka e l'ex interista Shaqiri) assume un significato molto diverso dal solito.
La loro gioia è andata al di là di quella normale per un gol. Lo hanno dimostrato, in uno stadio pieno di tifosi serbi, facendo entrambi un gesto, le braccia incrociate sul petto e le mani aperte a voler simboleggiare un'aquila: un chiaro messaggio, anzi una provocazione, per i supporter avversari per i quali il più nobile dei volatili è il simbolo della grande Serbia.
Oltre al pensiero che nella ex Jugoslavia certi fuochi, e anche certi sentimenti, non si sono ancora spenti, bisogna tenere conto di altro. Ad esempio che il padre di Xhaka, ovvero del giocatore che ha segnato il primo gol elvetico con un bel sinistro, è stato detenuto sei anni per motivi politici.
Il centrocampista della squadra del ct Vlado Petkovic, bosniaco e quindi anche lui con certe sensazioni addosso, non ce l'ha fatta a trattenersi. Shaqiri è invece quello che, alla vigilia della partita, aveva postato su Instagram una foto dei suoi scarpini sui quali aveva fatto stampare una bandiera del Kosovo, facendo imbufalire i media serbi.
La risposta sul campo l'ha data al 90', finalizzando al meglio, leggi il punto del 2-1, una micidiale ripartenza. Per celebrare la quale, dopo il gesto dell'aquila, si è tolto la maglietta e ha gonfiato i muscoli “alla Balotelli”.
La Serbia era andata in vantaggio al 5' con uno splendido colpo di testa di Mitrovic, al quale nel corso del match era stato negato un chiaro rigore per un abbraccio in area di due difensori avversari. Una svista che avrebbe potuto essere corretta, ma gli arbitri al Var non hanno ritenuto di dover intervenire. Ma a parte tutto questo e il fatto che, Costa Rica a parte, tutto rimane aperto nel girone E, quello di ieri a Kaliningrad non è stato solo calcio: certe ferite sono ancora aperte, e non rimane che vedere se la Fifa riterrà di dover intervenire, visto che in teoria i riferimenti alla politica durante una partita sono proibiti.
Adalberto Romani