Thiam: vengo dalla strada e sogno la Champions

La punta: dal mio Senegal al Lanciano, passando per Portogallo e Spagna

LANCIANO. Ha un sorriso di quelli che aprono il cuore. Di chi ha sofferto e ha lottato. Di chi ha saputo prendere le cose buone della vita ed è pronto a donarle agli altri. E’ il sorriso di chi sa di avere tante qualità, anche quella di sapere giocare a pallone. Qualità-passione che lo ha portato a scoprire stati e città diversi. Lontano migliaia di chilometri dalla sua terra, il Senegal che porta nel cuore, sempre, assieme alla famiglia rimasta in Africa. E’ Mame Baba Thiam, 22 anni attaccante della Virtus Lanciano che ha già messo in archivio, nonostante due pesanti squalifiche, 9 presenze e 3 gol in questa stagione.

Thiam, lei è nato in Senegal, fino a che età è rimasto lì?

«Sono rimasto nella mia terra fino a 14 anni. Lì c’è ancora la famiglia. Ci sono mia madre e una delle mie due sorelle. L’altra è in Italia e quando può viene a vedermi giocare. Sono legato alla mia terra, mi porto dietro i costumi, gli usi. Quando posso torno in Africa».

Quando e dove ha capito che poteva giocare a calcio?

«Giocavo a calcio in strada con gli amici. E sono forse loro, che mi mancano molto, ad aver capito che avevo talento».

In che ruolo giocava?

«Sono sempre stato una seconda punta. Giocavo sempre in attacco».

Come è arrivato in Italia?

«Dal Senegal non sono arrivato subito in Italia. Mi hanno scoperto dei procuratori portoghesi che mi hanno portato nella penisola iberica. Ho fatto dei provini in Portogallo, poi in Spagna. Alla fine non c’erano i presupposti per giocare lì e sono arrivato in Italia. Sono stato in affido, visto che ero adolescente e straniero, ad una famiglia veneziana, che ho nel cuore. A Venezia ho iniziato a giocare nella Real San Marco, ma era difficile tesserarmi perché ero straniero. Avevo 16 anni, tanta voglia di giocare, ma la burocrazia mi fermava. Poi sono andato a Treviso e lì sono stato tesserato finalmente».

Poi è arrivata l’Inter e il successo nel torneo di Viareggio. Che ricordi ha di Milano?

«Belli, ovviamente. Sono stato nella Primavera dell’Inter, ho frequentato scuola a Milano, con Monachello ( attaccante rossonero, ndc) che avevo preso sotto la mia protezione visto che era più piccolo di due anni. L’Inter ha vinto il torneo di Viareggio quell’anno e ho dato il mio contributo».

Dall’Inter alla Primavera del Sassuolo, di nuovo all’Inter; poi nel 2011/2012 all’Avellino e nel 2012/2013 al Sud Tirol, da dove, nell’estate 2013, è passato alla Virtus Lanciano.

«Sono state esperienze importanti che mi hanno aiutato a crescere. Affrontare sempre da solo cambiamenti come quelli che seguono al fatto di andare in nuove città, nuove squadre non è facile. Ma sono state importanti e mi hanno introdotto nel calcio professionistico. Dal Sud Tirol, da Bolzano sono poi approdato, dopo essermi svincolato dall’Inter che voleva cedermi ancora in prestito, a Lanciano. E’ stato il procuratore ad avermi consigliato Lanciano, ambiente tranquillo in cui potevo giocare e crescere. Ed eccomi qua. Contento di esserci».

Dall’Inter al Lanciano e ora è in comproprietà con la Juve.Che rapporti ci sono con la Vecchia Signora? In estate era diretto a Torino?

«Più che da Torino questa estate ho avuto richieste da altri club, ma ho deciso di restare a Lanciano. Con la Juve si vedrà. C’è la comproprietà e sarebbe un sogno indossare quella maglia. Ma ora sono qui e voglio fare bene con questa maglia».

Nel mondo del calcio a chi si sente di dover dire grazie?

«Agli allenatori che ho avuto e in particolare a mister Stefano Vecchi quando era nel Sud Tirol. Lui mi consigliava andando oltre il calcio. E’ una bella persona sulla quale so di poter contare».

Come passa il suo tempo libero lontano dal calcio?

«Giocando alla play station e parlando con i miei familiari in Senegal».

Per quale squadra fa il tifo?

«Per la Juve. Da piccolo il mio idolo era Del Piero. Siamo diversi per caratteristiche fisiche e tecniche,ma mi è sempre piaciuto soprattutto come persona».

Pensa mai a come sarebbe stata la sua vita se non fosse diventato un calciatore?

«Non lo so... Mia madre voleva che studiassi per diventare medico o ingegnere, io preferisco giocare. Certo mi ero rimboccato le maniche perché ero l’uomo di casa e quando i procuratori mi volevano portare in Europa, hanno dovuto convincere mia madre, che non era contenta. E’stata una scelta difficile per me, a 14 anni, dover lasciare lei, le mie sorelle, gli amici».

Che calciatore è Thiam? E così “cattivo” viste le due squalifiche da tre giornate prese quest’anno?

«Assolutamente no. Le squalifiche sono state severe. La prima la potevo anche capire, una piccola reazione c’è stata. Ma la seconda presa ad Avellino era, ed è, eccessiva».

Che rapporto ha con gli arbitri? Crede che queste due squalifiche possano influenzare il loro giudizio?

«Ultimamente con gli arbitri non ho molto feeling. Io penso a giocare anche se non è bello stare con la tensione che possono fischiarti contro a prescindere. E non è bello che ti possano etichettare come “un cattivo” anche perché non lo sono affatto».

L’anno scorso ha superato un momento difficile, per la sua salute. Chi o che cosa lo ha aiutato a non gettare la spugna?

«E’ stato un periodo difficile. Uno dei tanti della vita. Non potevo neanche uscire, non potevo prendere freddo. Mesi duri. Ho anche dovuto ripetere la preparazione per poter giocare e quando sono tornato in campo è stata un’emozione unica. Sono esperienze che ti segnano, ma che si superano. Tutte le difficoltà si possono superare con l’impegno».

Che obiettivi si pone quest’anno? Quanti gol si sente di promettere ai tifosi?

«L’obiettivo è giocare per la squadra e fare bene. Sia da esterno che da punta centrale, voglio giocare per la squadra. I gol? Dipendono anche dal lavoro dei compagni».

Dove si vede tra 20 anni?

«Non lo so. Mi piacerebbe allenare. Ma c’è tempo, ora penso a giocare».

Che rapporto ha con la fede?

«Sono molto religioso. Sono musulmano. Credo molto».

E' fidanzato? Che rapporto ha con l'amore?

«Diciamo che sono innamorato (sorride imbarazzato)».

Qual è il sogno nel cassetto?

«Nel calcio arrivare a giocare la Champions League. Giocare ad alti livelli e restarci a lungo. Nella vita di aiutare la mia famiglia in Senegal».

Teresa Di Rocco

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