L'intervista

«Vi racconto Renato Curi, il papà che non ho conosciuto» 

Sul Centro di oggi il racconto del figlio del centrocampista: ho il suo stesso nome, vivo nel suo ricordo. Ecco alcuni passaggi dell'articolo

PESCARA. Renato Curi junior racconta Renato Curi a distanza di 40 anni. Lo fa in un'intervista rilasciata al Centro. E lo ripeterà con una mostra fotografica e un libro in uscita nel mese di dicembre. Una raccolta di fotografie e di testimonianze che descriverà il calciatore e l’uomo.

 


Un modo per tenere vivo il ricordo e la memoria del calciatore pescarese morto sul campo di gioco il 30 ottobre del 1977 allo stadio Pian di Massiano, poi intitolato a Renato Curi, durante un Perugia-Juventus (0-0). Al 5’ della ripresa si è accasciato a terra e nel giro di pochi minuti è morto. Il centrocampista del Perugia ha lasciato la moglie Clelia e la figlia Sabrina. Otto mesi dopo è nato Renato, che la signora aveva in grembo in quella domenica uggiosa di fine ottobre.

Ecco alcuni stralci dell'intervista sul Centro di oggi in edicola.
Chi è Renato Curi?
«Una persona normale, ho fatto il grafico pubblicitario. E negli ultimi quattro anni ho cambiato vita, mi sono trasferito a San Benedetto del Tronto dove lavoro e vivo con la mia compagna e con mio figlio che si chiama Aurelio Renato».
Chi è stato, invece, Renato Curi?
«Sono l’ultimo a poterne parlare, visto che non ci siamo conosciuti. Ma ho cercato di ricostruire la sua vita con le testimonianze rimaste a Perugia e attraverso il racconto dei miei cari. E’ emerso il ritratto di un uomo normale, gioioso, con una personalità determinata. E penso che prendesse la vita con la semplicità che manca a tutti noi al mondo d’oggi».
Quando le hanno detto chi era Renato Curi?
«Non c’è stato un giorno preciso. Da bambino l’ho capito piano piano. All’inizio era naturale non avere un padre per me, sono cresciuto con l’affetto dei familiari. Intorno ai 5-6 anni ho cominciato a realizzare la mancanza di una figura paterna. E’ stata mia nonna a raccontarmi, per la prima volta, chi era mio padre e che cosa gli era accaduto».
Pescara lo ha dimenticato?
«No, diciamo che lo ricorda in un altro modo. A Perugia, però, ha lasciato il segno più tangibile. Sia sul campo che fuori. E ogni anno lo commemorano con una partecipazione fuori dal normale».
La cosa più bella che le hanno raccontato di suo padre?
«Il modo con cui affrontava la vita. Sempre disponibile e gioioso con tutti. Io sono cresciuto cercando tracce di papà. A casa le ho trovate attraverso le foto. Ogni foto raccontava qualcosa. E poi chiedendo agli amici di Perugia, in particolare a Vannini e Frosio facevo tante domande. E’ sempre stata la gente che ha mantenuto vivo il ricordo di mio padre».